Corriere della Sera (Milano)

San Paolo, lo scandalo si allarga

Il vetrino inviato d’urgenza in un’altra struttura dopo il blocco delle analisi, poi l’errore medico. Spostato il primario L’esito di una biopsia ribaltato dopo il riesame: caso di tumore scoperto con mesi di ritardo

- di Simona Ravizza alle pagine 2 e 3

Un errore medico clamoroso. Il risultato sbagliato di una biopsia. Un tumore scoperto con mesi di ritardo. Non è solo una storia di malasanità, ma una vicenda con implicazio­ni managerial­i e politiche. I vetrini maledetti, letti in modo erroneo, sono quelli del San Paolo. Lì, nel laboratori­o di anatomia patologica, si sono accumulati tra novembre e febbraio scatoloni pieni di biopsie non analizzate.

Un errore medico clamoroso. Il risultato sbagliato di una biopsia: le analisi dicono che è tutto a posto. Quattro mesi più tardi — e a fronte dei dolori atroci del paziente alla schiena — il medico curante chiede il riesame dei tessuti prelevati. Stavolta l’esito è giusto e condanna il malato: cancro alla prostata in stato avanzato, ormai con metastasi ossee.

Non è solo una storia di malasanità (non l’unica purtroppo), ma una vicenda con implicazio­ni managerial­i e politiche importanti. I vetrini maledetti, letti in modo erroneo, sono quelli dell’ospedale San Paolo, uno dei pubblici più grossi di Milano. Lì, nel laboratori­o di anatomia patologica, si sono accumulati tra novembre e febbraio scatoloni pieni di biopsie non analizzate. Almeno mille. «Mancano medici», è la giustifica­zione. Il Corriere denuncia il caso lo scorso 8 febbraio: «Milano, attese di tre mesi per l’esito delle biopsie (che dovrebbe arrivare in pochissimo tempo)». Il giorno dopo l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, peraltro in piena campagna elettorale per le Regionali del 4 marzo, interviene prontament­e per correre ai ripari: i tessuti prelevati vengono inviati ad altri ospedali di Milano e provincia per smaltire gli arretrati e avere i risultati in fretta. In concomitan­za viene istituita anche una commission­e d’inchiesta per fare luce sulle colpe — definite gravi — dell’ospedale.

Così dal San Paolo escono per essere analizzati altrove anche i vetrini del paziente, un 60 enne milanese, che poi saranno letti in modo sbagliato. Il giorno in cui vengono inviati è il 26 febbraio. Li riceve il laboratori­o di Anatomia patologica dell’ospedale di Busto Arsizio. In effetti, il risultato è veloce. Il 27 febbraio, a solo 24 ore di distanza, il patologo Filippo Crivelli firma il referto. Nulla di preoccupan­te. Peccato che l’esito non sia giusto.

Il malato di cancro a sua insaputa continua a stare male. Dolori su dolori. Il dottore che l’ha in cura richiede altri esami. Risonanza magnetica e scintigraf­ia articolare da cui risultano metastasi ossee. È a questo punto — ma ormai è il 19 giugno — che viene avanzata la richiesta di rivedere la diagnosi del 27 febbraio: «In consideraz­ione del quadro

clinico — scrive l’urologo nelle carte che il Corriere ha potuto leggere — è utile in prima istanza una revisione dei vetrini». Il nuovo referto è del 26 giugno: «Su richiesta del medico curante in relazione allo sviluppo della sintomatol­ogia si rivede il caso — si legge nei documenti —. Si repertano tre focolai di carcinoma prostatico».

Normalment­e il risultato di una biopsia alla prostata arriva entro cinque/dieci giorni. Qui il ritardo iniziale dei mille vetrini rimasti per tre mesi in attesa di essere letti va a sommarsi a una lettura sbagliata. Un errore commesso, forse, a posteriori per troppa fretta, per riuscire a smaltire la mole di lavoro rimasta in arretrato. La toppa peggio del buco.

In quei giorni le domande sul tavolo sono numerose. Chi era al corrente della situazione? Com’è possibile che si accumulino vetrini su vetrini senza che nessuno trovi una soluzione o perlomeno ponga con forza il problema? Una vergogna per Milano. E lo stesso assessore Gallera non può che ammettere: «Un fatto grave e inaccettab­ile». I ritardi del San Paolo, centro di analisi anche degli ospedali di Cinisello e di Sesto San Giovanni, nonché degli oltre venti poliambula­tori cittadini, vengono attribuiti alla mancanza di medici.

Il laboratori­o di anatomia patologica va in crisi lo scorso autunno dopo la fuoriuscit­a di due colleghi (più uno da gennaio). E, come già ricostruit­o dal Corriere, il concorso bandito per sostituire i medici va decisament­e a rilento: la richiesta di trasferime­nto dei due è del 26 luglio 2017, il concorso pubblico per sostituirl­i è bandito subito dopo (il 4 agosto 2017), la scadenza delle candidatur­e è fissata a 30 giorni dall’uscita dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale: poi, però, l’ammissione dei candidati e la nomina della commission­e giudicatri­ce arriva solo il 20 dicembre e fino al 23 gennaio non c’è neppure la graduatori­a. Le assunzioni arrivano solo il giorno dopo che il caso delle biopsie ferme diventa pubblico.

E in quei mesi di caos ci scappa anche l’errore medico grave. Nessuno può sapere se in altre circostanz­e lo sbaglio non ci sarebbe stato. Ogni medico può inciampare, ma dovrebbe essere messo nelle condizioni migliori per evitarlo. Certamente in quel momento la situazione è complessa. Con una mole enorme di biopsie inviate in tutta velocità in altri ospedali. Del resto, al San Paolo non possono rimanere perché ormai sono troppe. Come rimediare? Le diagnosi da tempo disattese vanno fatte al volo.

Al pasticcio segue un altro pasticcio. Sulla pelle di un paziente che scopre con enorme ritardo di avere il cancro. E nel frattempo ha dolori ovunque. Una diagnosi tempestiva avrebbe potuto cambiare le cose? Difficile dirlo con certezza.

Il dato di fatto è che la Milano che dovrebbe essere dell’eccellenza sanitaria ci ha messo mesi per leggere in modo corretto il vetrino di una sempliciss­ima biopsia alla prostata.

I mille referti

Bloccati tra novembre 2017 e febbraio La giustifica­zione: «Mancanza di medici»

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