LA MULTA MAGGIORATA CHE ARRIVA TRE ANNI DOPO
Caro Schiavi, chissà quante lettere sulle multe ha ricevuto. Eccone una in più. Or dunque: sono pensionato. Nel 2015 ho preso una multa vicino alla Stazione Centrale. Mia moglie per errore l’ha pagata con importo ridotto, oltre i cinque giorni dal ricevimento del verbale. Undici giorni, per la precisione. Nei giorni scorsi, dopo tre anni ricevo un’ingiunzione di pagamento. Provo a contattare gli uffici del Comune di Milano (per giorni e giorni inutilmente sia via mail sia via centralino telefonico, sia contattando telefonicamente i comandi), perché a me pare che non abbiano detratto la cifra pagata allora.
Finalmente per altre vie le mie missive vengono inoltrate all’ufficio preposto che risponde: nessun errore. Mi viene spiegato che da allora (giugno 2015) è scattata una maggiorazione del 10% ogni sei mesi. Quindi io pago nel giugno del 2015, credo di essere a posto (mia moglie mi ha spiegato che in altro caso analogo la ricevitoria aveva rifiutato il pagamento ridotto perché oltre il termine e quindi, essendo stata questa multa accettata, aveva dedotto, erroneamente, di essere in regola) e per anni non ci penso più. Né ricevo alcun avviso. Il Comune di Milano impiega tre anni a notificarmi l’ingiunzione con una maggiorazione che scattava silenziosa ogni sei mesi. Così dunque ho pagato una prima volta e adesso devo tornare a pagare l’importo completo più queste maggiorazioni. Domando: ma se i solerti uffici del Comune ci avessero messo 10 anni a notificarmi la multa, avrei dovuto pagare migliaia di euro? È corretto che queste maggiorazioni scattino senza che nessuno ne sappia niente? Ma questi credono che le famiglie i soldi li tirino giù dagli alberi?
Caro Ronzoni, in fatto di multe sono diventato competente, a mio danno: sia su quelle pagate in ritardo e reiterate anni dopo con la maggiorazione, sia con quelle che ti piovono addosso perché non hai comunicato il nome del guidatore per la detrazione dei punti dalla patente. Distrazioni pagate salate: qualche volta contestate (un paio di volte con esito vittorioso), altre volte finite con l’ultimatum dell’Agenzia delle entrate. Solidarizzo, dunque, con lei, invocando più efficienza e meno spremiture. Purtroppo da noi, come scriveva Prezzolini, ci sono i furbi e i fessi. Il cittadino perbene fa parte della seconda categoria, è trattato da suddito, è guardato con sospetto dai pubblici funzionari e paga anche per gli altri.