La zecca illegale delle monetine
La «zecca» stampava pezzi da 50 centesimi Immessi sul mercato a metà del loro valore
AVillanterio (Pavia) una zecca clandestina in grado di produrre monetine da 50 centesimi. Avrebbe potuto coniare oltre duemila monete al giorno da vendere a commercianti collusi. Tre arresti.
PAVIA Quando nel pomeriggio di lunedì scorso i carabinieri dell’Antifalsificazione Monetaria di Roma hanno fatto irruzione nel capannone di Villanterio, in provincia di Pavia, non hanno avuto dubbi: tre contraffattori avevano allestito una vera e propria zecca clandestina con presse e costosi macchinari, in grado di produrre sacchi pieni di monetine da 50 centesimi di euro. Un’attività stroncata sul nascere ma che, a pieno regime, avrebbe consentito di coniare oltre 2 mila monete al giorno da vendere a commercianti collusi in tutta Italia, che poi le avrebbero messe in circolazione.
Le segnalazioni di andirivieni sospetti attorno a quella struttura dismessa all’interno di un deposito di bevande lungo la statale, alle porte del paese, avevano fatto scattare i controlli: soggetti poco raccomandabili, alcuni con precedenti, si aggiravano in quel luogo, apparentemente senza motivo. È stato incrociando i dati dei pattugliamenti stradali e delle verifiche nei bar di Villanterio, archiviati nel database dei carabinieri, che si è arrivati alla base operativa dei falsari finiti in manette.
All’interno della fabbrica delle monetine contraffatte Domenico Nocera, 61 anni di Torino, Carlo Mazzoleni, 54 anni di Bergamo e Mauro Girolo, 55 anni residente nel torinese, avevano architettato un complesso sistema industriale di presse meccaniche insieme a coni realizzati artigianalmente con sistema elettrolitico, per produrre monete in abbondanza. Macchinari costati oltre quaranta mila euro, da ammortizzare, celati dietro i tendoni in plastica verde di questo deposito preso in affitto con il preciso intento di trasformarlo in un laboratorio di soldi falsi. Un ciclo produttivo studiato nel dettaglio per arrotondare i loro stipendi da operai, che lasciava intuire una solida dimestichezza dei tre in campo metallurgico.
Oltre 2 mila monete da 50 centesimi al giorno, da vendere a 25 centesimi l’una, metà del loro valore nominale. Questo era il volume d’affari della zecca abusiva.
«I tre falsari avevano scelto il territorio pavese come luogo strategico, così da allontanarsi dagli occhi indiscreti di chi li conosceva — ha spiegato il colonnello Fabio Imbratta, comandante della Sezione Antifalsificazione monetaria dei carabinieri —. Abbiamo smantellato la loro attività dopo poche settimane, quindi non dovrebbe esserci un grosso flusso di monete contraffatte in circolazione».
Sui banchetti di lavoro dei tre falsari, accanto alle presse, c’erano utensili e prove tecniche da perfezionare, ora sequestrate dai carabinieri del reparto specializzato; una sorta di campionamento di 250 monete da sottoporre al controllo qualità, per valutarne capacità produttiva e resistenza. Da lì uscivano pezzi da 50 centesimi difficilmente distinguibili da un occhio non allenato. «La moneta da 50 centesimi è tra i tagli più contraffatti, dopo le monete da uno e due euro. In questo caso erano dei buoni falsi, insidiosi se ceduti a mano — ha commentato Emilio Buffacchi, responsabile del Cnac, Coin National Analysis Center della Zecca dello Stato —. Se forma, dimensione e grafica possono sembrare pressoché identici, ad essere diversa è la lega metallica. Queste monetine, ad esempio, verrebbero scartate dalle macchinette di ultima generazione che sono dotate di sensore».
L’esperto «È uno dei tagli più contraffatti in circolazione, facile da smerciare»