Via alla mostra di Bonalumi: dedica al collaboratore morto
Una antologica racconta in 120 opere il percorso creativo del maestro dell’astrattismo
Con 120 opere, apre oggi al pubblico l’antologica sull’arte di Bonalumi, maestro dell’astrattismo. La mostra, nelle sale di Palazzo Reale, è dedicata a Luca Lovati, amico e collaboratore di Bonalumi, scomparso il 9 luglio mentre la stava allestendo.
Con un ricordo di Luca Lovati, lo storico collaboratore e amico fraterno di Agostino Bonalumi, morto lunedì scorso mentre allestiva la mostra che ora gli è stata dedicata, si è aperta ieri in sordina l’antologica di 120 opere con cui Palazzo Reale voleva rendere un grande omaggio, di ben undici sale, a un protagonista dell’arte milanese e internazionale. Secondo gli ultimi accertamenti, di cui ha dato conto l’assessore alla cultura Filippo Del Corno, Lovati è deceduto per un grave malore, forse un infarto, che l’ha colpito proprio mentre si trovava in cima a una scala, a circa cinque metri di altezza, causando la caduta. Dunque «una tragica fatalità», come l’ha chiamata, e tuttavia un presidio di sindacalisti dei lavoratori edili che manifestavano in piazza Duomo per la sicurezza è salito a Palazzo Reale per distribuire volantini e informare sulle morti nella filiera delle costruzioni, quasi tutte dovute a cadute dall’alto.
L’intera mostra è ordinata con rigore cronologico, ma si apre con una sala che raccoglie tre opere scelte con il criterio della spettacolarità: «Blu abitabile», due pareti blu costruite con moduli potenzialmente accostabili all’infinito, esposte a Foligno nel 1967 nella mostra «Lo spazio dell’immagine» in cui l’idea della pittura-ambiente appariva molto precoce anche rispetto a certe esperienze americane. La seconda opera è «Struttura modulare bianca» presentata alla Biennale di Venezia del 1970; la terza è una parete esposta nel 2003 a Darmstadt, in Germania. Già con questo incipit si capisce immediatamente come Bonalumi fosse figlio di quella Milano in cui Lucio Fontana inventava lo Spazialismo, i Concetti e gli Ambienti spaziali.
«A metà degli anni Cinquanta l’idea dello spazio stava cambiando in tutto il mondo: si ampliava e diventava cosmico», spiega il curatore Marco Meneguzzo. «Quando Bonalumi stava cercando la sua strada nella modernità, con lui c’era tutta una città che faceva lo stesso tanto che mai come riferendosi a quel periodo si può parlare di Milano come di una persona sola. La città si scrollava di dosso i disastri di una cultura autarchica che non era mai stata la sua e aveva rischiato di cancellarne l’anima». E però occorreva che ciascuno trovasse la propria personale strada, come fecero anche i due amici sodali: Enrico Castellani e Piero Manzoni con cui Agostino Bonalumi si incontrava alla trattoria di Pino Pomé — il ristoratore che accettava opere in cambio di pasti — ed espose nel 1958 alla galleria Pater. Ma con i quali anche litigò alla vigilia dell’uscita del primo numero della rivista «Azimuth».
Nelle stanze dell’esposizione si respira forte anche la Milano del design che in Bonalumi si percepisce nell’invenzione della forma estroflessa; nell’uso di spolette, tubi, canne che sostengono gli oggetti della tela; nel «tondo imbottito» che diventa l’icona del suo lavoro; nell’impiego, dal 1967, di un materiale nuovo come il «ciré», tessuto industriale sintetico; e perfino in certe estroflessioni morbide e decorative, come le sedute imbottite delle auto americane, tanto che già dal 1965, per definire le opere di Bonalumi, Gillo Dorfles parlerà di «pittura oggetto».
Con questa mostra e quelle attigue dedicate a Pino Pinelli e Alik Cavaliere Palazzo Reale prova dunque a raccontare un pezzo di storia dell’arte, ma anche di Milano.
L’amico fraterno
La mostra è dedicata a Luca Lovati, suo storico collaboratore, morto mentre la allestiva