Difesa del museo Nasce il comitato
All’asta il terzo piano del palazzo. Si mobilitano i cittadini. Tasca: dialoghiamo
Un comitato per difendere Casa Boschi Di Stefano. Pronta una petizione contro la vendita del terzo piano della palazzina di via Jan 15. Obiettivo: avere più spazi per esporre le opere.
Nasce un comitato per Casa Boschi Di Stefano. Cresce la mobilitazione contro la vendita del terzo piano della palazzina di via Jan 15. Pronta una petizione. Obiettivo: avere più spazi per esporre parte delle quasi duemila opere del Novecento italiano ancora custodite nei depositi comunali.
La Fondazione, il Touring Club (che con i suoi volontari ha permesso di visitare il secondo piano a oltre 150 mila persone da quando è stata inaugurata la Casa museo), gli architetti Mendini, il Municipio 3 sono l’interfaccia di gruppi di cittadini che si sono appassionati al caso. E non escludono di dare vita a una raccolta fondi per consentire di sistemare il terzo piano, attualmente non abitato, così da adeguare la Casa museo agli standard di un moderno museo.
Scrive un lettore del Corriere, Giancarlo Taggiasco: «L’asta è proprio l’unica soluzione? Perché non aprire una sottoscrizione? Non sono un milionario, ma sono pronto ad offrire il mio piccolo contributo per ampliare gli spazi e godere la bellezza». Il piano del palazzo sopra a quello del museo vero e proprio, stando alle dichiarazioni dell’assessore Roberto Tasca, andrà all’asta con una base di 900 mila euro. L’auspicio dell’esponente della giunta, tuttavia, è che un mecenate possa valorizzare lo spazio, acquistandolo e poi aprendolo ad attività del museo. Da qui, la mobilitazione. Gianmario Maggi , coordinatore dei volontari del Tci a Milano, sostiene che «nel museo c’è stato un boom con una crescita esponenziale di turisti stranieri. Questa è una collezione che non ha confronti». Ma Tasca non fa per ora alcuna marcia indietro. Due i punti chiave del suo ragionamento: «Non è vero che il Comune non investe in cultura. Milano spende per la cultura più dell’uno per cento delle sue entrate». Ma è il se- condo punto che gli consente di tenere ben saldo il coltello dalla parte del manico: «L’immobile costruito su progetto di Piero Portaluppi non fu un lascito. Il Comune lo acquistò per 250 milioni di lire nel 1974 dall’ingegnere Boschi — prosegue Tasca — ed ebbe in cambio la collezione con l’impegno di mantenere l’esposizione». E aggiunge: «Perché assumere una posizione così privatistica? Il Comune è di tutti i cittadini. A priori non credo che la collettività debba rinunciare a 900 mila euro, ma non sono stato io a inserire nel piano di vendita quell’appartamento al terzo piano. È stato chi mi ha preceduto. Io in questi due anni non ho accelerato la dismissione. E ora non escludo che ci possa essere un mecenate interessato. Il Comune è pronto al dialogo». Il viaggio nella Casa museo comincia dall’ingresso. Una chicca l’ascensore, i lampadari déco, come molti mobili dell’arredo. Non c’è un centimetro quadro libero sulle pareti. Dal corridoio con le tele di Severini e Boccioni alla sala del Novecento con le opere di Funi, Tozzi, Carrà. E il salotto interamente dedicato a Sironi. Con le sculture di Arturo Martini. E via con il Gruppo di Corrente. «Ho scritto al sindaco e agli assessori — dice l’avvocato Ezio Antonini, presidente della Fondazione Boschi Di Stefano — per sollecitare una presa di posizione. Se il Comune ha una opportunità di migliorare l’esposizione perché farsi da parte? Dal 2014, quando l’appartamento del terzo piano libero dall’inquilino fu inserito nel fondo per l’alienazione, ho scritto dodici lettere. L’intera palazzina, non solo le opere, è un patrimonio da salvaguardare».
La casa di Antonio Boschi e Marieda Di Stefano fu tappa di tutti gli artisti del Novecento. «Senza la donazione oggi non ci sarebbe il Museo del Novecento — precisa la dottoressa Maria Fratelli, direttrice delle Case museo milanesi, che sottolinea il ruolo educativo di luoghi come questo — e va ricordato che i coniugi non compravamo per fare investimenti ma erano autentici mecenati, tutti gli artisti del Novecento sono passati dalla loro casa».