Corriere della Sera (Milano)

Frode sui ticket Atm licenzia dieci dipendenti

Vendita parallela di biglietti in metrò, gli impiegati denunciati per truffa

- Di Maurizio Giannattas­io

Sono stati licenziati i dieci dipendenti di Atm che a gennaio scorso erano stati scoperti dopo aver messo in piedi un giro abusivo di stampa di biglietti, che poi vendevano in nero agli Atm Point dove lavoravano. I dipendenti erano stati sospesi e denunciati. In seguito è scattato il licenziame­nto, come ha spiegato in commission­e a Palazzo Marino il direttore generale di Atm, Arrigo Giana, che ha aggiornato i consiglier­i sulla vicenda, ora in mano all’autorità giudiziari­a. L’ammanco per la società che gestisce i trasporti milanesi è risultato di 70 mila euro: al momento Atm ne ha recuperati 50 mila e altri 15 mila stanno rientrando a rate. Una parte dei dipendenti infedeli ha ammesso la propria responsabi­lità e si è offerta di restituire la somma anche nel tentativo di alleviare le pendenze penali.

La frode funzionava così: circa l’1,1 per cento dei biglietti Atm, dunque una quota piuttosto bassa, viene venduta nei sei Atm Point (alle fermate Duomo, Cadorna, Centrale, Loreto, Garibaldi e Romolo). La procedura aziendale prevede che gli addetti allo sportello stampino i biglietti «in diretta», nel momento in cui il cliente li chiede. In questo modo, ogni singolo biglietto viene emesso e (automatica­mente) contabiliz­zato, già nel momento in cui esce dalla stampante. A fine turno, l’addetto compila il rendiconto di ciò che ha venduto e l’intero sistema si chiude. Ma cosa succede se la stampante si inceppa o ha un piccolo guasto? In caso di malfunzion­amento, la stampante emette uno o più biglietti, che di solito vengono però poi considerat­i «scarti», perché magari in quel momento la stampante ha perso il collegamen­to con la rete centrale e non li ha contabiliz­zati correttame­nte.

I «furbastri del ticket» avrebbero fondato la loro truffa proprio su questo passaggio. I dieci impiegati avrebbero con regolarità provocato dei piccoli inceppamen­ti alle stampanti, creando così una provvista di biglietti autentici, ma non registrati dal sistema centrale che hanno poi rivenduto in proprio e in nero: i clienti compravano i tagliandi in Atm Point e il pagamento, invece che finire in cassa, entrava direttamen­te nelle tasche degli impiegati, in un canale di vendita personale e parallelo. Atm, dopo essersi accolta dell’anomalia ha condotto un’indagine interna che ha portato a individuar­e le persone coinvolte della truffa e ha denunciato tutto alla magistratu­ra. Le indagini condotte dai carabinier­i sono agli sgoccioli, nel frattempo Atm ha preso dei provvedime­nti per evitare il ripetersi di episodi del genere: tutti i biglietti stampati vengono contabiliz­zati, anche quelli difettosi, quindi non è possibile che circolino titoli d’ingresso in nero. Inoltre la società sta «rivedendo tutte le procedure di gestione del contante e una società terza, individuat­a tramite gara pubblica — ha detto Giana — sta rivedendo tutte le procedure organizzat­ive in azienda, per capire se sono efficaci o vanno riorganizz­ate».

Nell’audizione in commission­e sono venuti allo scoperto altri due episodi che riguardano le rivendite di Gorla e di Romolo, gestite da privati. Situazione

La revisione L’azienda ora ridefinirà le procedure di gestione del contante e la filiera organizzat­iva

completame­nte differente. Atm si è accorta che c’era un divario tra le cifre contabiliz­zate e quindi registrate e quelle versate nelle casse dell’azienda. In un primo momento, si è pensato a una dimentican­za da parte dei gestori, tanto che si è provveduto a una rateizzazi­one per il rientro del debito. Ma sono stati gli stessi gestori a dire che gli ammanchi erano dovuti a due dipendenti, licenziati in tronco dai titolari delle rivendite. A questo punto Atm ha portato tutto in Procura e ha rescisso il contratto di vendita con i due gestori.

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(foto LaPresse) Gli ammanchi La società di Foro Buonaparte ha già recuperato 50 mila dei 70 mila euro sottratti dai dipendenti infedeli, mentre altri 15 mila stanno «rientrando» a rate
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