Corriere della Sera (Milano)

ANTIMAFIA NON SERVE ESSERE EROI

- Di Giampiero Rossi

L’unico che ha collaborat­o con gli investigat­ori è un cinese. Nessun altro, a Novate, ha fornito elementi utili alle indagini sulla grande centrale di smistament­o della droga ospitata in una carrozzeri­a. Eppure i traffici gestiti in quella carrozzeri­a erano enormi e — se non altro in occasione dei raid punitivi — di movimenti «strani» ce ne sono stati parecchi. Ma niente, nemmeno le vittime hanno parlato. Gli inquirenti hanno voluto sottolinea­rlo, ma non è la prima volta. Anzi. Sono anni che l’allarme viene rilanciato. Soltanto l’altro ieri è toccato al prefetto di Milano, Luciana Lamorgese, segnalare che «in Lombardia negli ultimi anni ci sono state meno denunce» da parte degli stessi imprendito­ri che si sono consegnati ai clan mafiosi. Il meccanismo è collaudato: l’approccio è un’offerta di credito (a usura), ma l’obiettivo (e spesso anche il risultato) è strappare un’altra azienda dal circuito legale per farne un’ulteriore testa di ponte per riciclaggi­o e nuovi business criminali. Tutto finanziato dal grande bancomat della droga. Ma non dobbiamo smettere di ripeterci che si tratta di un modus operandi che si regge proprio sulla collaboraz­ione di imprendito­ri, profession­isti o cittadini che per paura o convenienz­a decidono di turarsi il naso, illudendos­i di poter gestire gli ingombrant­i «amici» e di liberarsen­e al momento opportuno. È un gioco che non funziona mai. I pochi che hanno scelto di denunciare, invece, se la sono cavata senza danni. E non è stato necessario trasformar­si in eroi.

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