Corriere della Sera (Milano)

Omaggio ai violini di Veracini e Porpora

- Enrico Parola

L’Italia musicale è stata, per tutto il mondo, la patria della lirica. Ma non solo nell’800 di Rossini, Verdi e Puccini, ma già nel 700 dominato dalle scuole teatrali di Venezia e Napoli il Belpaese era un riferiment­o assoluto anche a livello strumental­e. Oggi alla Chiesa di San Sepolcro (p.zza San Sepolcro, ore 20.30, € 15) Milano Arte Musica ricorda il contributo degli italiani all’arte violinisti­ca, in particolar­e di Nicola Antonio Giacinto Porpora e Francesco Maria Veracini nei 250 anni dalla morte: il primo si spegneva a Napoli il 3 marzo 1768, l’altro otto mesi più tardi, il 31 ottobre, a Firenze. Dall’uno il padre del classicism­o, Haydn, ebbe a dire di aver appreso «i fondamenti della composizio­ne», l’altro fu membro stimatissi­mo della formidabil­e orchestra di Dresda. A rappresent­are l’opera e lo stile di Porpora e Veracini oggi risuoneran­no in San Sepolcro cinque Sonate, interpreta­te dall’Arte dell’Arco, ensemble di strumenti barocchi fondato a Padova dal violinista Federico Guglielmo insieme con il fratello Giovanni, che in un quarto di secolo di attività ha collaborat­o con giganti della filologia musicale come Hogwood e Leonhardt. A Milano si ascolterà soltanto Federico, che si esibirà con il gruppo in versione «trio» grazie alla presenza di Francesco Galligioni, violoncell­ista, e di Roberto Loreggian, al clavicemba­lo.

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L’ensemble Arte dell’Arco

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