Spinse il figlio a combattere per il jihad A processo
Ex mujaheddin
Prenderà il via il prossimo primo ottobre davanti al gup Stefania Pepe il processo con rito abbreviato nei confronti di Sayed Fayek Shebl Ahmed. L’ex mujaheddin egiziano in Bosnia, e residente a Como, è accusato di associazione con finalità di terrorismo. La stessa accusa era stata mossa nei confronti del figlio ventitreenne Saged,che però non è mai stato arrestato: gli investigatori ritengono che possa trovarsi ancora in Siria arruolato tra le fila degli jihadisti. Le indagini coordinate dal pm Enrico Pavone e dal responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili, culminate con l’arresto dell’ex mujaheddin a inizio anno, hanno rivelato come l’uomo abbia spinto il figlio poco più che ventenne ad andare a combattere in Medio Oriente nel giungo 2014. Nel corso dell’inchiesta Sayed Fayek Shebl Ahmed, 51 anni, attualmente detenuto a Rossano, avrebbe però tentato di fornire un’altra versione alla Digos raccontando come il figlio fosse partito per la Siria di sua sponte e contro la volontà del padre. Una versione che non ha convinto gli investigatori che hanno invece ricostruito, anche tramite intercettazioni telefoniche e telematiche, l’orgoglio dell’uomo per avere «un martire in famiglia» a cui inviava ogni mese 200 euro per il sostentamento. Al contrario l’uomo non nutriva nessuna stima per il figlio minore, Hamza, 22 anni e rimasto in Italia: «un cane fidanzato con una sporca italiana», lo aveva apostrofato parlando con la madre che sosteneva la scelta del figlio maggiore.