Festival MiTo Aterballetto danza Bach
Oggi per MiTo All’Elfo Puccini un dittico di Aterballetto accosta Kylian e il giovane Diego Tortelli
Non capita spesso a un autore emergente di essere lanciato in un quadrilatero artistico-produttivo che unisce Milano, Torino e Reggio Emilia attraverso i festival Mito, MilanOltre, TorinoDanza e la Fondazione Nazionale Danza Aterballetto. Al centro dell’inedita sinergia è il dittico «Bach Project» danzato da Aterballetto, al debutto stasera dopo la prima assoluta a Torino, venerdì scorso, che accosta la creazione «Domus Aurea» del giovane Diego Tortelli a «Sarabande», titolo del gigante della coreografia Jirí Kylián, in sintonia con il programma di Mito focalizzato, quest’anno, sull’intreccio tra musica e danza. Il primo a essere stupito è lo stesso Tortelli, 31 anni, nato a Capriano del Colle in provincia di Brescia: si è formato all’Accademia di Danza di Roma e poi alla Scuola della Scala, iniziando la carriera a Valencia con il Ballet de Teatres. Come danzatore, ha lavorato con il Ballet National de Marseille diretto da Frédéric Flamand di cui è stato anche assistente, quindi in America e Germania, all’Opera di Monaco e con Richard Siegel. La sua attività di coreografo include una «Bella Addormentata» per il Balletto di Toscana Junior, «Vox Multitudinis» per il Massimo di Palermo, «Vitreae Vultus» per MilanOltre dove presenterà, il 12 ottobre, anche il nuovo «Lorca sono tutti». In «Domus Aurea», Tortelli ha coreografato sulle Suites francesi per pianoforte di Bach, qui opportunamente trascritte per cinque strumenti dell’ensemble musicale Sentieri Selvaggi dal compositore Giorgio Colombo Taccani.
Di solito, i giovani coreografi faticano a lungo. Alla «prima» torinese, accanto a lei, sedeva Kylián…
«Mi sento molto fortunato. Per me Kylián è il maestro dei maestri: sono cresciuto guardando i suoi balletti, sognavo di danzare per lui. Vedere il mio nome accanto al suo in locandina non mi sembrava vero. Era da molto tempo che speravo di tornare a lavorare nel mio Paese e farlo da autore emergente mi rende felice».
Il suo lavoro si intitola «Domus Aurea»: c’è un riferimento a quella fatta erigere da Nerone a Roma dopo l’incendio?
«L’ho visitata a sedici anni quando vivevo Roma: ero affascinato dall’idea di distruzione e ricostruzione. Nella mia coreografia, astratta, non c’è però alcun riferimento storico e narrativo a Nerone: è piuttosto un archetipo dei concetti di costruzione-cedimento-costruzione-rinascita, un ciclo che ha seguito anche il compositore Colombo Tac- cani nella trascrizione di Bach, sfumando e costruendo i sei brani scelti, con parti di “sarabande”, “allemande” e “allegro”. L’artista visivo Massimo Uberti ha evocato un luogo abitato con un gioco di tubi al neon».
La «domus», sposata alla spiritualità di Bach, diventa interiore?
«Nelle sue partiture, Bach manteneva due linee marcate, la razionalità nella costruzione e l’emotività. Il mio lavoro sul corpo è andato nella stessa direzione per animare un luogo abitato da echi, memorie, gioia e frustrazione come lo è la nostra mente. L’emozione è uno spazio interiore condiviso».
Debutto
Il celebre «Sarabande» del coreografo ceco sarà seguito dal nuovo «Domus Aurea»