UNA CITTÀ CHE GUARDA ALL’EUROPA
Il 14 ottobre Paolo VI verrà fatto santo da Bergoglio. Sessant’anni fa Montini inaugurò la Madonna d’Europa, a Motta di Campodolcino. Sincronicità di ricorrenze. L’allora arcivescovo volle che il luogo consacrasse il passaggio dalla «formidabile follia» delle guerre «perché la nostra gioventù ha sognato particolarismi, nazionalismi ed egoismi, e questi sono scoppiati in bombe e in odio». Ed esortò i giovani in quel 1958, mentre l’Europa muoveva i primi passi verso istituzioni comunitarie: «Sognate l’amore, la fraternità, la pace, l’unità». Giovani, Acli, scout, studenti dei licei milanesi, famiglie presero ad affollare Motta, che già era stata crocevia di accoglienza e di salvezza di ebrei. La continuità umana, culturale e spirituale è nel dna di Milano e Lombardia. Da Motta, nel bacino idrografico dell’alta Valchiavenna che idealmente abbraccia il Vecchio continente con acque che alimentano Reno, Danubio, Po e Rodano, Martini lanciò nel 1995 il Centro ecumenico europeo per la pace, convinto che superando scandalose divisioni i cristiani avrebbero contribuito alla riconciliazione del mondo. Di lì dialogò con gli Ebrei su Auschwitz. Nelle celebrazioni del 60° della Madonna d’Europa ieri a Motta è riecheggiata la «Preghiera per l’Europa» scritta da Martini nel 2005: «Donaci di lavorare per una Europa dello Spirito / fondata non soltanto sugli accordi economici / ma anche sui valori umani eterni. / Una Europa capace di riconciliazioni etniche ed ecumeniche, / pronta ad accogliere lo straniero, rispettosa di ogni dignità». Anche questa è Milano.