«Collezionare auto Arte nata da bambino» L’ultima è il Maggiolino
«Una passione nata da bambino con i modellini Ho cambiato più di venti auto d’epoca È importante conoscerne storia e provenienza»
Una passione per le auto nata da bambino. Andrea Paolo Parente in 17 anni, lui che di anni ne ha 39, ha cambiato più di 20 auto. Ma la gioia la dà il Maggiolino. «Guidò» quello del nonno a 5 anni e ora ne ha uno simile. Ancora più prezioso dopo l’uscita di produzione.
«Un collezionista di auto d’epoca si ritiene tale se ne ha posseduto almeno tre nella vita», così afferma Ralph Lauren. Andrea Paolo Parente, 39 anni, milanese, dall’età di 17 anni ne ha cambiate più di venti: da un’Alfetta del 1974 color argento a una Simca 1.100 del 1976 bronzo metallizzato, fino ai Maggiolini sia cabrio sia chiusi, senza farsi mancare le Vespe da «Vacanze romane». La sua è una passione nata da bambino: «Avevo cinque anni quando mio nonno paterno mi “insegnò” a guidare. Io mi sedevo su un cuscino al posto di guida e giravo il volante. Lui si occupava dei pedali e del cambio di marcia. Naturalmente in luoghi chiusi al traffico». La vettura era un Maggiolino grigio del 1963: «Da quel giorno mi sono ripromesso che sarebbe stata la mia prima macchina». A maggior ragione ora che la Volkswagen ha annunciato la definitiva uscita di produzione dell’ultima versione di questa auto che ha fatto la storia. «Mia nonna Tosca trovò un modello proprio del 1963 uguale per i miei 17 anni, ma era targata Torino. Dopo, sono riuscito a trovarla dello stesso anno e immatricolata a Milano».
Andrea ha studiato al liceo classico Manzoni, si è laureato in Giurisprudenza e oggi collabora con uno studio legale milanese: «Quando si compra un’auto d’epoca — raccomanda — è bene conoscere la sua storia, la provenienza e i precedenti proprietari. Soltanto così è possibile scoprire se tutte le sue parti sono originali, quanti chilometri ha percorso realmente e dove è stata conservata fino a quel momento». L’acquisto può anche diventare un’occasione per fare amicizia. «Nel 1996 ho conosciuto Marco Ronchi, uno sceneggiatore, aspettava la fidanzata accanto al suo Maggiolino verde. Mi sono avvicinato per proporgli di comprarlo, non ha voluto. Da allora, però, siamo grandi amici. Un altro appassionato come me è Matteo Bellina. Nel 1999 mi ha lasciato un bigliettino sull’auto pensando che appartenesse a una signora anziana. L’ho chiamato e abbiamo scoperto di avere lo stesso amore per il vintage. Con loro ho partecipato a raduni in Italia e all’estero, l’amore per questo tipo di macchine ci accomuna ancora oggi». La sua passione riguarda anche gli accessori: «Cerco i ricambi originali, le autoradio e i caschi d’epoca». Il ricordo dell’infanzia? «I modellini, a centinaia, stipati in ceste stracolme. Mia madre non sapeva più dove conservarli — racconta —, il primo è stato un Maggiolino della Burago che mi regalò mio padre.
Poi, vecchie Porsche, Ferrari, le auto della polizia e dei carabinieri. Erano i miei unici giocattoli». La voglia di guidare era talmente tanta che «a 17 anni, senza patente, ho fatto da solo il giro dell’isolato». Arrivano le raccomandazioni di mamma e nonna: «Andare piano ed essere coscienzioso. Hanno cercato di dissuadermi nel prendere come prima macchina un modello del ’63 per la sicurezza della vettura, ma io non volevo rinunciare al mio sogno. Mio nonno l’ha curata come ha fatto con la sua, mi ha insegnato tanto e aveva più pazienza rispetto a mio padre».
Qual è il suo rapporto con Milano? «Sono affascinato dalla vivacità intellettuale degli anni Sessanta e Settanta che oggi è ritornata. Sono legato a personaggi come Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Renato Pozzetto e alla zona della vecchia Fiera (piazza Wagner e corso Vercelli) dove sono nato, e Porta Romana, dove vivo e inoltre, amo Brera».