Lamorgese: lascio una città che lavora unita
Bilancio di fine mandato. Dai blitz in Centrale agli sgomberi
Chi arriva a Milano, poi difficilmente se ne va. Infatti il prefetto Luciana Lamorgese, ovunque la porteranno i prossimi incarichi, ha preso casa in città. Pensare che ben prima del suo insediamento in corso Monforte un anno e otto mesi fa (l’incarico è a termine, venerdì ultimo Comitato per l’ordine pubblico con la presenza del ministro Matteo Salvini), al figlio che le annunciava la scelta di trasferirsi qui per lavoro aveva replicato: «Milano? Mah... Perché non resti a Roma?». Esaurite le digressioni sul privato di una donna molto riservata, concentriamoci sul pubblico, ovvero la «gestione» di una città in perenne movimento, complicata, vetrina dell’Italia nel bene e nel male; soprattutto — e il discorso vale in particolare per i responsabili della sicurezza — una città che ti lancia o t’affossa la carriera.
Ancora qualcuno critica, aspramente, le modalità dei primi interventi all’esterno della stazione Centrale contro i bivacchi dei migranti, con l’accusa di aver realizzato operazioni sproporzionate rispetto al reale, operazioni muscolari a uso e consumo delle televisioni, lontane dall’anima della città. Sull’argomento, il prefetto ha già ampiamente parlato, senza modificare la linea, come avvenuto in quest’incontro in Prefettura con la stampa: «Sono stati controlli necessari, preparati con cura, con analisi e raziocinio; i risultati sono stati evidenti, e non lo dico io ma le persone che quotidianamente transitano dalla Centrale. I reati sono in calo, d’accordo, però non lo è la percezione della sicurezza, che ha bisogno di visibilità, di presenza costante, di sforzi continui, di segnali».
Certo ha «giovato», nella progressiva evoluzione dello scenario fuori dalla Centrale, il calo drastico di sbarchi e di conseguenza i trasferimenti a Milano, fra le prime tappe dopo l’approdo: «Da gennaio, le nuove presenze in città non hanno superato le 400 unità». In passato non sono mancati, tutt’anzi, periodi di enorme criticità, fronteggiati con la riconversione della caserma Montello, che rimarrà «esemplare per la capacità di arginare un’emergenza lavorando sui principi base dell’accoglienza». Del resto, nella sua vita da neo milanese Luciana Lamorgese ha subito capito e assimilato due capisaldi della, per appunto, «milanesità»: la concretezza e la vicinanza al prossimo. Insieme a una terza voce: la capacità di far squadra. La collaborazione massima proprio sotto la regia del prefetto tra carabinieri, poliziotti e finanzieri, è un dato oggettivo e non scontato.
«La legalità», dice Lamorgese, «deve coniugarsi con l’attenzione alle fragilità». Una frase che introduce uno dei maggiori sgomberi mai avvenuti a Milano, quello nel «fortino» di via Cavezzali, realizzato dopo otto lunghi mesi di preparazione. Analogo metodo è stato scelto per quello in via Palmanova, o ancora per gli sgomberi delle strutture occupate dai centri sociali. Dopodiché, spostandoci su un altro capitolo, la criminalità organizzata spara meno o spara zero — ma attenzione al pericoloso fermento tra la Comasina e Bruzzano —, eppure la ’ndrangheta è sorniona e ramificata, ricca e potente: «Abbiamo realizzato numerose interdittive anti-mafia» risponde il prefetto lodando la sinergia con la magistratura. Gli organici delle forze dell’ordine, lamentano i diretti interessati, sono deficitari: «Sono stati assegnati 600 nuovi uomini» ricorda il prefetto a proposito della quale bisogna sottolineare una cosa. Il miglior giudizio sui comandanti, al di là dei risultati, lo dà la truppa. Ecco, girando in corso Monforte, questa fine del mandato (il successore potrebbe essere Renato Saccone, oggi a Torino) provoca dispiacere nel personale, che s’è affezionato e apprezza la guida. Nonostante la stessa Luciana Lamorgese, scherzando o forse no — è una sua caratteristica l’esser perentoria col sorriso —, ricordi che «quando si seppe della mia nomina, più d’uno non gradì».
Sicurezza Il cittadino deve avere la libertà di sentirsi sicuro: è una priorità che mi sono posta Migranti Abbiamo avuto flussi migratori continui, ma il nostro presidio è sempre stato costante Obiettivi Il valore aggiunto della città è il senso di squadra, la capacità di lavorare per un fine comune