Corriere della Sera (Milano)

LA METROPOLI CHE GUIDA L’ITALIA (OPPURE FA UNA CORSA A PARTE)

- Maestre di sostegno Piero Martinoli Anita Bastioni di Porta Venezia gschiavi@rcs.it Stefano Manasse Piazza Dergano Edwige Pedone

Mia figlia ha 7 anni, frequenta la seconda elementare. Ogni anno, a settembre, cerco di essere positiva.Ma settembre arriva e ogni anno le mie speranze svaniscono. Mia figlia si chiama Ludovica, è affetta dalla sindrome di rubinstein tayby, è cardiopati­ca e a nove mesi ha avuto un tumore al fegato. Quasi ogni due anni facciamo una bella revisione Inps, perché chissà mai che la sindrome e tutti i suoi acciacchi svaniscano di colpo. Io per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, non lavoro e quindi ho il tempo, le energie e il carattere per portare Ludo da una visita medica all’altra, per alzare la voce per far valere i suoi diritti. E sottolineo «diritti», non un qualcosa in piu. Comunque, anche quest’anno mia figlia, disabile al 100%, non ha il sostegno. Frequenta la seconda elementare in una classe stupenda, dove oltre a lei è presente un’altra deliziosa bimba disabile. Da dove comincio? Un puro esempio. Mia figlia non può salire da sola le scale, ha un equilibrio instabile. Come da certificat­o stilato e ristilato che la scuola ti chiede subito Caro Schiavi,

Milano è la guida dell’Italia, sono state le parole del presidente Mattarella durante la visita all’Istituto dei tumori. Per me potrebbe anche esserne la capitale, visto come siamo messi con Roma.

Mi domando come avremmo fatto in tutti questi anni a uscire dalle varie crisi se non ci fosse stato il traino di Milano.

È dall’inizio del Novecento che qui si lavora e da altre parti si fa flanella.

Caro Martinoli, le parole del presidente Mattarella le sottoscriv­o anch’io: nel clima di sfiducia e di sconforto nel quale siamo immersi, Milano per fortuna fa eccezione. In pochi anni è tornata dinamica, vitale, ottimista e laboriosa, è ancora città che sale, come nel quadro di Boccioni, e il suo spirito — questo è l’augurio — dovrebbe contagiare il Paese. Ma c’è il rischio che Milano faccia una corsa a parte e non le venga riconosciu­to dal governo alcun ruolo speciale (come è accaduto per le Olimpiadi invernali) oppure che la città guardi altrove nel suo percorso di crescita.

Sono più di cent’anni che l’Italia danza sull’orlo del burrone e con o senza Milano, di riffa o di raffa, ne è (forse per attivarsi poi due anni dopo) ha bisogno che il sostegno sia presente anche all’entrata e all’uscita. Ma non c’è nessuno. Solo grazie alla maestra di ruolo Ludo può arrivare in classe. Inoltre. La maestra, grandissim­a ribadisco, non può portare avanti una classe e nel frattempo seguire due bambine disabili. Alle mie lamentele la preside ha risposto che non solo la nostra scuola è in queste condizioni, che ci sono classi in cui manca la maestra. Ma perché io devo sempre elemosinar­e? Perché ci sono manifestaz­ioni per l’ambiente, per gli animali ma per i bambini disabili non viene fatto nulla? sempre uscita. Dal terribile 1929 che fermò le Borse e azzerò i risparmi, agli anni del Dopoguerra con il Paese a pezzi, da ricostruir­e. Dai disastri del Polesine e del Vajont con gli sfollati a grappoli, all’autunno caldo con l’inflazione alle stelle e la lunga austerity. Dai lutti del terrorismo alla notte della Repubblica, con il caso Moro e le stragi, piazza Fontana, Brescia, Italicus, Bologna. In mezzo la P2, con Sindona, Calvi e Gelli e gli apparati deviati dello Stato, la lunga parentesi di Tangentopo­li, la dissoluzio­ne dei partiti tradiziona­li, i delitti di mafia, gli attentati a Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino. Senza parlare di Torri gemelle, 11 settembre, lo scontro di civiltà con la ferocia del terrorismo islamico e la bolla di Wall Street, che scontiamo ancora adesso.

Ne siamo usciti perché ha tenuto lo Stato e perché c’erano persone a cui ancorarsi, in ogni campo, quelle di cui oggi si sente la mancanza. Per questo torniamo a Milano, e alle parole del capo dello Stato: perché nel vuoto Milano è un riferiment­o, un punto d’appoggio a cui aggrappars­i.

C’è bisogno di efficienza, pragmatism­o e creatività; serve passione civile, voglia di intrapresa, capacità di rischiare. Serve anche umanità e attenzione ai più fragili. Senza fare paragoni, in tutto questo Milano c’è.

A giugno avete pubblicato una mia lettera sulle corsie per biciclette in viale Città di Fiume, i bastioni di Porta Venezia e gli ingorghi che bloccano le ambulanze. A distanza di quasi tre mesi, i lavori non sono finiti causa pausa estiva del cantiere (?), e gli ingorghi sono aumentati. Ogni giorno si sentono le sirene disperate delle ambulanze, destinate al Fatebenefr­atelli, bloccate a causa del restringim­ento della strada. Una corsia che resterà tale e quale, troppo stretta per permettere un normale scorriment­o e senza scappatoia. I responsabi­li del proget- to cosa attendono per intervenir­e con una modifica? Che ci sia una tragedia nella ambulanza bloccata?

Abito nel quartiere Dergano e ho potuto «ammirare» la riqualific­azione attuata dal Comune in piazza Dergano. Ho trovato che sia indecente e vergognoso avere speso soldi pubblici per dipingere sull’asfalto cerchi colorati, con l’ aggiunta di otto panchine e un tavolo di legno come ornamenti, utili ad «aiutare la socialità» del quartiere, chiudendo una piccola strada e un piccolo parcheggio che erano utili al quartiere. Risultato: nessun bambino o famiglia erano presenti, in compenso le persone nullafacen­ti che gironzolan­o già numerose nel quartiere giorno e notte erano comodament­e sedute sulle panchine (alcuni con i piedi sulle stesse). Credo che non è certo così che si rende vivibile un quartiere. Servono centri di aggregazio­ne strutturat­i quali bibliotech­e, cineforum, centri sportivi comunali, giardini ben curati, corsi creativi per ogni età.

Per inciso segnalo che proprio in piazza Dergano esiste già un piccolo triangolo di verde, con alcuni alberi, in stato di degrado e sporcizia totale da sempre, frequentat­o da balordi anche in pieno giorno. Perché non riqualific­are questa zona invece di dipingere l’asfalto facendolo passare come opera creativa

Ambulanze e cantieri

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