Gli specialisti devono tornare a essere tali
Nel suo editoriale di ieri Giangiacomo Schiavi centra il punto in merito alle disfunzioni, una delle tante, della cosiddetta riforma Rizzi/Maroni: quella relativa alla presa in carico dei cronici. In attesa di capire cosa verrà effettivamente trasferito nella delibera attesa, quello che sembra di capire è che i medici di medicina generale verranno nuovamente rimessi al centro del campo di gioco. Per noi medici ospedalieri è una buona notizia, perché significa, l’indicativo è d’obbligo, anche se preferirei un condizionale, espressione di seri dubbi, che potremo tornare a fare a tempo pieno il nostro mestiere di specialisti. In questi anni, infatti, nonostante la crisi legata alla carenza di specialisti, alla riforma che ha fatto entrare i territori dentro gli ospedali e, appunto, ai Piani di assistenza individuali, i medici ospedalieri hanno visto aumentare sempre più i propri carichi di lavoro senza che nessuno, a cominciare dalla Regione, se ne rendesse conto. Il risultato è stato un inesorabile logoramento della dirigenza sanitaria pubblica, giunta ormai al collasso a causa della fatica e della frustrazione. Il sistema non regge più: i pronto soccorso scoppiano, i letti mancano, i concorsi vanno deserti, il privato fugge dalle patologie non remunerative (e investe centinaia di milioni laddove più gli aggrada), si chiudono i punti nascita solo dove si è obbligati senza riconsiderare l’intera rete dell’offerta ospedaliera, sovrabbondante nelle grandi città, proprio dove i privati fanno i maggiori affari, e in difficoltà nelle periferie, dove il servizio pubblico è solo nelle risposte ai bisogni di cura. Il nostro sindacato, il più rappresentativo tra quelli della dirigenza sanitaria, in settimana affronterà i passaggi statutari per riflettere sulla eventualità di aprire una stagione di vertenze, nella consapevolezza che la sopravvivenza del servizio sanitario pubblico sia concretamente a rischio.