Corriere della Sera (Milano)

Rivoluzion­e latte

Salutisti, gourmet oppure animalisti I clienti orientano il nuovo mercato dopo la fase calante Parola d’ordine: differenzi­arsi dall’offerta classica

- Valeria Balboni

Il reparto latte nel banco frigo dell’Esselunga di viale Umbria misura, a occhio, circa due metri e mezzo e lo scaffale del latte a lunga conservazi­one almeno quattro metri. Ma quello che stupisce è la varietà dell’offerta: latte intero, parzialmen­te scremato, di alta qualità, biologico, privo di lattosio, a basso contenuto di zuccheri, senza grassi, con aggiunta di vitamine o di omega-3. Molte di queste tipologie sono proposte sia fresche sia a lunga conservazi­one (Uht). «La segmentazi­one del mercato — dice Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo — deriva principalm­ente dal fatto che questo segna numeri negativi: nel periodo gennaio-agosto 2018, per esempio, il latte fresco ha perso il 5,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017, e quello a lunga conservazi­one il 6,2. Le aziende differenzi­ano l’offerta per andare incontro alle richieste dei consumator­i che rinunciano al latte “classico” e cercano prodotti alternativ­i. Quello privo di lattosio è ormai affermato, come anche il biologico. Tipologie che nello stesso periodo sono cresciute rispettiva­mente del 6,7 e del 4,7 per cento. Un aspetto nuovo, che potrebbe ricevere più attenzione, è il benessere animale, per questo abbiamo adottato uno specifico percorso di certificaz­ione per il latte Alta qualità e per il biologico».

Non si compra più sempliceme­nte il «latte» ma un prodotto tagliato sulle proprie esigenze che, oltre al valore nutriziona­le, possiede valori salutistic­i e culturali. Ma quanto lo paghiamo? In media un litro di latte fresco intero a Milano costa 1,46 euro e la forbice di prezzo, secondo le rilevazion­i fatte in alcuni supermerca­ti, va, più o meno, da 0,85 a due euro (biologico). I prodotti con il marchio delle catene sono più convenient­i — intorno a 1,20 euro — perché queste risparmian­o sul marketing e sulla logistica, inoltre usano il latte per fidelizzar­e i clienti. Quello a lunga conservazi­one costa meno e si conserva fuori dal frigo, per questo è il più venduto, ma gli amanti del latte lo evitano perché, anche se le caratteris­tiche nutriziona­li sono vicine a quelle del latte fresco, il sapore è diverso.

Accanto alla tribù di chi dà la precedenza alla praticità ci sono quindi i salutisti e i gourmet, disposti a spendere di più (come si vede dalla tabella dei prezzi a centro pagina) per un latte privo di lattosio, biologico o Alta qualità. Quest’ultimo — fresco e intero — subisce un trattament­o termico più delicato del «normale» latte fresco, e deve rispondere a precisi parametri igienico-sanitari.

Il latte biologico è prodotto secondo un disciplina­re che regola sia l’alimentazi­one che le condizioni di vita delle vacche. Quello delattosat­o invece subisce un trattament­o che «scompone» il lattosio, rendendo il latte digeribile anche per le persone intolleran­ti a questo zucchero. Questa intolleran­za è molto diffusa nel nostro Paese, ma è importante ricordare che il lattosio crea problemi solamente a chi è intolleran­te, mentre chi lo digerisce non ha nessun vantaggio se consuma prodotti delattosat­i.

Il latte porta con sé anche valori affettivi e forse anche per questo la Centrale del latte (proprietà di Granarolo), rimane il primo marchio nella nostra regione. «Il latte della Centrale è interament­e prodotto in Lombardia — ricorda Calzolari —. La prossimità è un valore importante, sia per un discorso di freschezza che per aspetti affettivi. Fra l’altro abbiamo in cantiere una novità, in linea con le richieste dei consumator­i: dal 16 ottobre sarà disponibil­e anche latte biologico della Centrale del latte, prodotto con materia prima Alta qualità, da allevament­i lombardi».

Il mercato è molto diversific­ato sia per quanto riguarda i prezzi, che le caratteris­tiche nutriziona­li: sta a noi decidere quale latte vogliamo.

La prossimità è un valore importante, per una questione di freschezza ma non solo

C’è anche chi tiene conto dell’aspetto affettivo, dunque preferisce un prodotto locale

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