Precari cronici Vinta la battaglia
Città metropolitana, firmati i primi 31 contratti stabili. Tre nuovi dirigenti
Ormai era diventata una piccola tradizione, quasi una ricorrenza cittadina. Dal 2014 (anno primo della Legge Delrio) la scadenza del contratto dei precari della Città metropolitana si è riproposta puntualmente, a fine anno e inizio estate. E per anni, a intervalli semestrali, hanno occupato giorno e notte l’aula del consiglio metropolitano,
in via Vivaio, per salvare (almeno) lo stipendio. Adesso il traguardo è arrivato. Assunti. Stabilizzati. Trentuno subito, altri sedici nel 2019. E ci sarà spazio anche per tre nuovi dirigenti. Si chiude così una delle querelle politico-amministrativa più sfibranti di questo scorcio di terzo millennio milanese: quella dei precari della Città metropolitana.
A Milano sono in tanti, da ieri, a dire «finalmente». A partire dai diretti interessati, decine di lavoratori di tutti i
settori della ex Provincia che, proprio per effetto della riforma che ha cambiato tutti i connotati dell’ente, si sono trovati prigionieri di una legge. Fondamentali per il funzionamento della macchina amministrativa, ma senza alcuna possibilità di essere assunti in forma stabile perché le stesse norme istitutive della Città metropolitana non consentivano nuovi contratti. E anche le casse, rimaste praticamente a secco, consentivano pochi margini di manovra.
Eppure sulle loro scrivanie transitavano da sempre pratiche delicate, i loro dirigenti e i loro colleghi avevano bisogno del loro lavoro. Insomma, non si trattava di stagisti o di posizione marginali, ma — come spiegavano i loro comunicati sempre più disperati — di «profili tecnici con esperienza ormai ultra decennale, impegnati nell’erogazione di servizi fondamentali». Per esempio: ingegneri e dottori in Scienze ambientali che seguono l’erogazione di autorizzazioni ambientali, esperti in marketing territoriale dedicati all’Idroscalo e funzionari impegnati nella gestione del patrimonio di verde pubblico. Insomma, «figure tecniche specifiche altrimenti non presenti nell’ente».
Per quattro anni hanno dovuto installarsi nell’aula consigliare
con tende e sacchi a pelo per attirare l’attenzione mediatica e politica sulla loro ricorrente richiesta: in assenza degli spazi di legge per un’assunzione, le istituzioni cittadine dovevano pretendere dal governo emendamenti che permettessero almeno il rinnovo dei contratti a termine. E tra loro c’è chi vive così da quattordici anni, perché la precarietà — comunque — era iniziata prima che arrivasse la mannaia della Delrio.
Ora alcuni effetti interdittivi di quella riforma sono venuti meno. La Città metropolitana ha così potuto varare un piano occupazionale triennale che prevede trentuno stabilizzazioni subito, altre sedici nel corso del prossimo anno, più almeno tre nuovi dirigenti. Dal punto di vista finanziario dovrebbe trattarsi di un’operazione compresa tra un milione e un milione e mezzo di euro, ma a Palazzo Isimbardi e dintorni nessuno è autorizzato a fornire dettagli e nemmeno a commentare — una volta tanto — la buona notizia. L’annuncio ufficiale, dicono, dovrà arrivare direttamente dal sindaco metropolitano, cioè Giuseppe Sala. Ma i precari storici della ex Provincia, almeno loro, possono festeggiare. A Natale potranno finalmente dormire a casa.