Presi nel campo rom altri due chili di oro
Dopo il blitz in via Bonfadini con l’arresto di uno degli storici capi e del figlio
Le ricerche (e soprattutto le scoperte) non sono terminate. Nel campo rom di via Bonfadini, all’alba di mercoledì al centro di un’operazione che ha sgominato una banda di ricettatori, i carabinieri hanno trovato due chilogrammi di oro rubato nelle case di Milano. L’inchiesta si è concentrata su una figura, Angelo Guarnieri detto lo «zio», uno degli storici capi dell’insediamento di periferia. Un insediamento «frazionato» per specializzazione criminale, come il traffico di cocaina e il furto di macchine. I carabinieri hanno «recuperato» una Golf appena rubata e già smontata per vendere i pezzi.
L’operazione non si è conclusa all’alba di mercoledì, con l’arresto di Angelo Guarnieri detto lo «zio», il 67enne nato in Abruzzo e tra i capi del campo rom di via Bonfadini, accusato di comandare un’associazione criminale specializzata nella ricettazione di preziosi rubati.
I carabinieri hanno «insistito» e nell’insediamento alla periferia Est, non lontano dalla Tangenziale — un insediamento autorizzato ma ormai fuori da ogni regola — hanno scoperto due chilogrammi d’oro, sempre depredati nelle case degli assalti, sparse in mezza Lombardia. Quei chilogrammi erano nascosti nelle baracche. A Guarnieri, catturato insieme al figlio 37enne Fioravante (sono il nonno e il papà del bimbo di nove anni famoso rapper e fenomeno su Internet con i suoi video) è già stato sequestrato oltre un milione di euro in gioielli.
Il «colpo» assestato in via Bonfadini, dal punto di vista investigativo e non soltanto, è di quelli pesanti e lungamente attesi, dopo stagioni di esitazioni se non addirittura d’immobilismo. Non tanto per il calibro di quelli spediti in galera, quanto per squarciare la presunzione di impunità dei nomadi, tutti italiani e in maggioranza pregiudicati, attivi anche in altri due rami delinquenziali, il traffico di cocaina e il furto di macchine. Al proposito, nel corso delle ricerche dell’altroieri, sono comparsi i resti di una Golf portata via al proprietario poche ore prima. La vettura era stata fatta a pezzi; restava soltanto un sedile.
L’indagine culminata mercoledì, condotta dai carabinieri di Novara, è maturata dopo mesi di faticoso lavoro. Entrare nell’insediamento per posizionare telecamere e cimici è un’impresa quasi proibitiva, a causa della presenza di sentinelle agli ingressi del campo e dall’alta densità abitativa dello stesso. Gli investigatori hanno dovuto percorrere altre piste, ugualmente però non facili. Ad esempio la scelta di «battezzare» alcune macchine a bordo delle quali viaggiavano balordi considerati «interessanti»: ecco, quelle macchine, in prevalenza Porsche, imboccavano puntualmente la Tangenziale ad altissima velocità e scomparivano.
La capacità dei carabinieri di mappare su Milano e hinterland gli spostamenti in uscita dalla Tangenziale hanno permesso, giorno dopo giorno, di individuare un bar, all’angolo tra le vie Cavezzali e Padova, interrogare due ricettatori che si erano appena incontrati per uno scambio di oggetti con degli albanesi manovalanza dello «zio», e farsi raccontare cose interessanti. Per cominciare la centralità del campo di via Bonfadini per chi voleva trattare oro rubato e nello specifico il fatto che si dovesse passare nella baracca di Guarnieri e non di altri. Le intercettazioni delle conversazioni ai telefonini, avvenute senza eccessive misure di sicurezza con il ricorso a codici, perché davvero i balordi mai immaginavano di venire incastrati, hanno poi restituito in pieno l’organizzazione «professionale» della banda, la conoscenze al dettaglio dei segreti delle pietre preziose e dei meccanismi degli orologi più costosi sul mercato, e il forte rispetto nutrito dai sodali nei confronti dello «zio», il quale, come si legge nell’ordinanza di 61 pagine firmata dal gip Luigi Gargiulo, faceva perfino fatica a star dietro a tutti i malaffari, tanti ormai erano diventati.