Si torni alle origini
AMBROGINI IL FASCINO PERDUTO
Per i milanesi è l’«Ambrogino». L’aggiunta «d’oro» un mero complemento di materia, tanto poco importante, anche lessicalmente, quanto grande è invece il valore in sé del riconoscimento. Proprio per questo si resta sconcertati di fronte al bazar di pareri, provocazioni, complicità, ammiccamenti cha da anni si allestisce, soprattutto in ambito politico, alla presentazione delle candidature. Le proposte dei nomi da insignire dell’onorificenza possono giungere da enti, associazioni, cittadini e dagli assidui delle stanze di Palazzo Marino. E qui si susseguono da tempo — a fianco di idee di spessore — interpretazioni a dir poco bizzarre e suggestive dello spirito delle benemerenze. Personaggi e realtà più di contrasto che di merito, rappresentanza ed esempio. Parentele politiche alla lontana, riabilitazioni controcorrente, sfide e goliardia.
È tempo di fermarsi e tornare indietro. Ritrovare una coscienza cittadina e istituzionale, rinsaldare gli irrinunciabili legami con la tradizione. Magari ripensare la formula. Riducendo il numero delle onorificenze, ad esempio, si darebbe più valore e onore ai prescelti. Riducendo le provocazioni si darebbe più valore e onore alla città e alla sua storia. Comunque va offerto un esempio di serietà e civismo. Poi, come sempre, verranno premiati i meritevoli, ma la marcia di avvicinamento ci risparmi le cadenze dell’Armata Brancaleone. In tema di milanesità si può parafrasare il Tessa: l’è el dì degli Ambrogini, alegher. Senza esagerare, però.