Sol Gabetta per Vidas La musica cura l’anima
La violoncellista Sol Gabetta tra Ciaikovskij, Sibelius e Saint-Saëns
Sol. Come la nota musicale. Un nome, un destino per Sol Gabetta, superstar del violoncello dal volto gentile e il temperamento appassionato. «In realtà quel Sol sta per Sole — svela la musicista nata in Argentina da genitori italo-franco-russi —. Sono arrivata al mondo inattesa, mia madre aveva perso due gemelli, sembrava non potesse più aver figli. La mia nascita per lei è stata come se il sole fosse spuntato di nuovo. E nonostante Sol sia un nome maschile, ha deciso di chiamarmi così». Un nome radioso che l’ha portata per il mondo, dall’Argentina all’Europa, in Spagna, in Alsazia, in Svizzera. «Da ogni Paese ho cercato di prendere il meglio, attingere a culture e mentalità diverse ti apre la mente e il cuore». Tra tanti luoghi, l’Italia ha un posto di primo piano. «Mio nonno paterno era di Torino, emigrato in Argentina per lavoro. Quando torno qui quelle radici si risvegliano».
L’altra sera è successo a Roma, dove Sol ha suonato con l’Orchestra di Santa Cecilia, Mikko Franck sul podio, doÉdouard mani accadrà a Milano. Stessa orchestra, stesso direttore, in un concerto al Teatro Dal Verme a sostegno del progetto Casa Sollievo Bimbi del Vidas. Tra l’ouverture dal «Romeo e Giulietta» di Ciaikovskij e la Sinfonia n.2 di Sibelius, Gabetta si cimenterà con il Concerto n.1 per violoncello di Saint-Saëns. «Mentre quello di Lalo che ho eseguito a Roma, lo proporrò la prossima volta a Milano, il 25 marzo per la Filarmonica della Scala».
A scortarla uno dei suoi due preziosi violoncelli, stavolta il veneziano e settecentesco Matteo Goffriler, mentre l’altro «golden boy», il Guadagnini del 1759, l’accompagna nel repertorio barocco. «Li amo entrambi di uguale passione — scherza lei —. Non ci separiamo mai, se viaggio in aereo occupano sempre il posto accanto a me». Il violoncello è considerato il più erotico degli strumenti, esige di essere abbracciato da chi lo suona. «È curioso, per i miei colleghi maschi il violoncello è femmina, con tutte le debite curve. Per noi donne invece è maschio. Alla fine penso sia bisex, un po’ come tutti noi».
Il concerto del Dal Verme andrà a finanziare la nuova Casa Vidas per accogliere in degenza e day hospice piccoli pazienti con le loro famiglie. «Ho un bambino di un anno e mezzo, suonerò pensando a lui e a tutti i bimbi che soffrono. La musica ha il potere di lenire il dolore su molti fronti, ho una sorella autistica, l’ho verificato anche lì. Non a caso i medici sono spesso appassionati di musica. Uno di loro mi ha detto: “Noi siamo i dottori del corpo, ma voi musicisti lo siete dell’anima”».