Al Tar la guerra del Villaggio
Il Centro: loro contano i singoli e noi le famiglie, ma ci adeguiamo
Quanto fa una mamma più un neonato? La risposta al quesito solo all’apparenza aritmetico la dovrà dare il Tar chiamato in causa dal Villaggio della Madre e del Fanciullo contro il Comune.
Quanto fa una mamma più un neonato? La risposta al quesito che di aritmetico ha solo l’apparenza, la dovrà dare il Tar chiamato in causa dal Villaggio della Madre e del Fanciullo che opera nel campo dell’infanzia e della maternità da oltre mezzo secolo. Tutto nasce nel 2017 da un’ispezione da parte del Comune e dell’Ats alla struttura di via Goya. In quell’occasione i tecnici contestano che all’interno delle tre case che ospitano mamme e bambini in difficoltà c’è un numero troppo elevato di persone tanto che viene chiesto di adeguare il numero degli iscritti e il riordino e il ripristino di «idonee condizioni igieniche di tutti i locali». Un fulmine a ciel sereno, perché a detta dei vertici del Villaggio, il numero di persone ospitate nella struttura è quello contenuto nella convenzione con il Comune, non uno in più. Che è successo? «Sono cambiati i criteri di valutazione senza che ci siano state modifiche normative — spiega la presidente del Villaggio, Silvia Banfi — e si sono scontrate due concezioni diverse. Per noi una mamma e un neonato sono un’unica persona, secondo le indicazioni che ci aveva dato la stessa Ats (allora Asl). Adesso, invece, l’Ats conteggia mamma e bambino come due persone». Con la conseguenza aritmetica che il numero di ospiti si è più che raddoppiato mentre gli spazi sono rimasti gli stessi e non rispondono più alle norme igieniche ed edilizie previste dai vari regolamenti. Per una mamma con due bambini servono almeno 12 metri quadri, ma vale lo stesso discorso per una mamma con un neonato in culla? «Noi contestiamo che ci sia stata una modifica dei criteri senza un cambiamento della norma — dice l’avvocato che difende il Villaggio — Negli ultimi dieci anni i criteri erano diversi».
Da qui la decisione di ricorrere ai giudici amministrativi. Chiaramente anche Palazzo Marino si è costituito in giudizio, ribadendo la proprie ragioni: «La ricorrente ha ospitato un numero di utenti superiori rispetto a quello autorizzato e le condizioni igieniche dei luoghi sono risultate precarie come emerso dal verbale di sopralluogo della Ats». Però la battaglia giuridica potrebbe interrompersi prima di arrivare al giudizio. Il Villaggio ha provveduto a un’ampia e costosa ristrutturazione degli appartamenti per potere aderire ai nuovi criteri e la volontà è quella di arrivare a un chiarimento. I contatti tra le due parti ci sono già stati. «La nostra porta è sempre aperta — conclude la presidente Banfi — Comprendiamo la posizione del Comune che deve seguire procedure rigide, ci piacerebbe poterle discutere insieme e trovare una soluzione chiara». Da parte di Palazzo Marino si rimanda la palla in casa dell’Ats. «Noi siamo meri esecutori. I controlli sono demandati all’Ats». Ma l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino, apre una porta: «È una valutazione che spetta ai tecnici, mi auguro che prevalga il dialogo e il buon senso».
Anche perché il lavoro del Villaggio della Madre e del Fanciullo è un patrimonio di tutta la città. Nato alla fine della guerra, quando a Milano tornavano migliaia di deportati senza casa né parenti, per accogliere le reduci dei campi di concentramento, vittime di stupri. Negli anni, poi, il Villaggio ha continuato ad ospitare madri in difficoltà con figli. Dal 1945 a oggi sono passate migliaia di ragazze con bambini, e ancora adesso l’ente continua il suo lavoro, accogliendo le donne povere, maltrattate, che devono scappare di casa.