Si parla di omofobia con il caso Braibanti
Nel 1968 il ventunenne Giovanni Sanfratello decide di andare a vivere con Aldo Braibanti, l’uomo che ama, uno scandalo per l’Italia di quegli anni: il padre affida il ragazzo agli psichiatri con la speranza di «guarirlo dalla seduzione» mentre il suo amante, intellettuale antifascista, viene processato e diventa l’unico imputato ritenuto colpevole del reato di plagio nella storia giudiziaria italiana. Da stasera al Parenti si riflette su diritti e conquiste con «Il caso Braibanti» di Massimiliano Palmese. In scena gli atti del processo, «con le ridicole tesi degli avvocati e le dichiarazioni omofobiche dei cosiddetti periti», cui si aggiungono le lettere alla madre e gli appelli dei molti intellettuali che si mobilitarono, da Elsa Morante a Pierpaolo Pasolini e Marco Pannella. A dar voce ai protagonisti e a tutti i personaggi della vicenda, Fabio Bussotti e Mauro Conte, accompagnati dal sax di Mauro Verrone (fino al 18/11, via Pierlombardo, ore 20.30, biglietti 18/23,50 euro). «Questo spettacolo è una testimonianza dell’Italia reazionaria di 40 anni fa, ma è anche un monito per ricordare che sulla questione diritti la guerra non è mai finita», afferma Palmese, «stiamo ancora aspettando una legge contro l’omofobia. Gli altri Paesi combattono per andare avanti, noi invece per non arretrare». (l. gr.)