Sogni e curiosità, la baby alleanza con la Siria
Al Borsi incontro con i piccoli profughi. «Farò l’architetto, io il calciatore al Milan»
Cento ragazzini, tutti in silenzio, davanti ad un grande schermo nell’aula magna dell’istituto Borsi, a Bonola. Collegamento via Skype. Dall’altra parte del monitor altrettanti bambini siriani dagli 8 ai 13 anni scappati dagli orrori della guerra e accolti in un centro educativo a Zefta, sud Libano. Lì hanno potuto finalmente riprendere a studiare, pur in un campo profughi.
Il progetto di gemellaggio Back to the Future, finanziato dall’Unione europea con Terre des Hommes, Avsi e War child Holland, prevede anche periodici collegamenti via Skype con gli «amici» milanesi.
Guerra Da rifugiati si vive stanchi ma almeno siamo al sicuro
Qualche parola timida, in inglese, con l’aiuto dei traduttori, per rompere il ghiaccio. Poi un fuoco di fila di domande.
Curiosità a ruota libera — con i docenti, la Garante per l’Infanzia Annamaria Caruso e il responsabile della Commissione europea Massimo Gaudina a godersi lo spettacolo.
«Se potessi venire a Milano, correresti qua?», azzarda Marco. Risponde pronta Nawaf, capelli e occhi nerissimi: «Ho studiato l’inglese per quello — esclama —. Divento architetto e costruisco grattacieli». Dal Libano vogliono parlare tutti. Alcuni non avevano mai visto Skype. «Io voglio diventare medico», dice Mohamad. «Io calciatore al Milan», sorprende Takwa, ripresa scherzosamente da Ali: «Le donne non giocano a calcio!». Risate. «Ma insomma, come si vive da profughi?», chiede Marco. «Stanchi però sicuri», garantisce seria Wafaa. «Come era la vita prima della guerra?», incalza Giovanni. «Molto bella». Ci insegnate l’arabo? «Menhebkon ktir significa Vi vogliamo bene». Semplicità dei bambini: sullo schermo qualcuno mostra un disegno: in rosso, un cuore.