L’ultima bottega di Montenapo
Gli 80 anni delle Vetrerie Empoli Un’oasi di cristallo che non cede all’avanzata delle griffe della moda
A80 anni appena compiuti, le vetrerie Empoli, oasi-avamposto del Quadrilatero, rifiutano di cedere al cannibalismo dei grandi brand che monopolizzano le vetrine di via Monte Napoleone.
Sarà anche fragile, ma si dimostrerà la più resistente di tutti. A 80 anni appena compiuti, l’oasi di vetro e cristallo di via Monte Napoleone rifiuta di cedere il passo alla robusta avanzata dei grandi brand che hanno quasi monopolizzato la storica «vasca» di Milano, eliminando progressivamente botteghe artigianali e boutique famigliari.
Per il forestiero che la naviga da San Babila, quell’improvviso trionfo di calici trasparenti, colorati e orlati di oro zecchino al numero 22, subito dopo i manichini avvolti di rosso Valentino, è una sorpresa nel rosario di gioiellerie e celeberrimi marchi d’alta moda sgranato a ogni passo, tra corso Matteotti e via Manzoni. Ma nello stesso tratto, per i milanesi, le Vetrerie Empoli (come la pasticceria Cova) sono un’istituzione: una via di mezzo tra un museo e un bazar di lusso, dove soltanto un occhio allenato distingue subito un raro Biedermeier, nella vetrina storica, dalle migliaia di bicchieri cesellati che riempiono tavoli e scaffali dopo essere usciti dalle mani degli artigiani-orafi del laboratorio di via Tacito.
Se la memorabile coltelleria Lorenzi, all’angolo con via Pietro Verri, ha finito per cedere la sua vetrina dopo 85 anni di servizio; se quelle della drogheria Parini e del Salumaio si sono fatte più in là; e quelle del fruttivendolo Moretti o dei casalinghi Raimondi sono scomparse anche dai ricordi delle nuove generazioni, i vetri toscani mantengono la posizione da 22 anni, dopo essere subentrati a un antiquario che, a sua volta, aveva preso il posto d’«el Cavagnat», l’ultimo cestaio a scomparire dal cuore chic, ma discreto, di Milano.
In fondo al negozio, in una nicchia un po’ defilata della stanza «Vintage», sono allineati i prototipi della collezione cui discendenza e continuità sono assicurate dalle figlie Ilaria e Olivia —; quando si è profilata la possibilità di Monte Napoleone non ce la siamo lasciata sfuggire. Restarci è già molto più difficile. Ma qui passano molti stranieri, soprattutto russi e cinesi, i nostri clienti migliori».
Finiti i tempi dei nobili milanesi che non concepivano di usare due volte, per i loro ricevimenti, lo stesso servizio di piatti e bicchieri: «Strano? In fondo — sorride Parentini —, ancora adesso ci sono signore che non riciclano un abito da sera. Si è disposti a spendere per agghindare se stessi, ma non la tavola. Eppure un ottimo vino servito in un bicchiere dozzinale è come una bella donna vestita male». In questa stagione, nel sotterraneo, i vetri si trasformano in decorazioni natalizie, disegnate una ad una da Parentini e realizzate in Polonia. Palline tradizionali o a forma di uova Fabergé: «No — corregge l’autore —, sono ispirate all’uovo di Piero della Francesca, nella Pala di Brera». Monte Napoleone oblige.