«I miei 15 mila alberi per la città verde»
Il «papà» dei nuovi maxi-parchi: «Ma il regolamento impone ancora troppi vincoli»
AMilano ha portato migliaia di alberi, «quasi quindicimila». Dagli ottomila scelti per l’Expo al filare di aceri che sta creando per il giardino storico di Palazzo Litta, fino ai cento previsti nel campus di architettura ideato da Renzo Piano a Città Studi. Franco Giorgetta, architetto paesaggista, racconta la sua città verde: «Servono più alberi, anche nelle strade. Ma ci sono troppi vincoli».
A Milano ha portato migliaia di alberi «quasi quindicimila». E mostrandoli su mappe e tavole, nel suo studio in zona Brera, Franco Giorgetta, architetto paesaggista, racconta una storia di Milano. Dagli ottomila scelti per l’Expo ( «dovevano essere grandi, almeno di dieci metri, li cercammo per due anni nei vivai di tutto il Paese, avventura straordinaria») fino al piccolo filare che sta creando al giardino storico di Palazzo Litta («lo vorrei colorato, quindi penso ad aceri giapponesi, asiatici, liquidambar e liriodendro»). È stato ed è impegnato su più progetti milanesi, dal parco di Cascina Merlata a quello di via Adriano e di Rogoredo, dalla nuova sede della Regione fino alla Biblioteca degli Alberi appena inaugurata e al campus del Politecnico a Città Studi, che sarà consegnato fra un anno.
Per la nuova sede di Architettura dell’università ( dove si è laureato nel ‘65 e dove ha aperto nell’ 84 il primo master in Architettura del paesaggio) realizzerà il «Bosco» con cento alberi disegnato da Renzo Piano. Alla Biblioteca degli Alberi invece ha lavorato con l’olandese Petra Blaisse. Del parco di Porta Nuova, segnala «un acero asiatico molto bello» ma dice subito che gli alberi sono «pochi», «e piccolini». Spiega: «Il progetto è stato svuotato. L’originale era più denso, c’erano quattro grandi padiglioni, scomparsi. E l’amministrazione li chiede con un tronco non oltre i 35 centimetri». E arriva al punto: «A Milano servono più alberi e grandi», è il suo appello. «Le nuove regole sono un ostacolo», spiega. Mostra le tabelle nel Regolamento comunale del verde: «Sarà difficile disegnare viali alberati perché è richiesto un ampio spazio attorno al tronco, cinque metri per un platano medio, impossibile con gli standard urbani». Ricorda allora il piano preparato con Renzo Piano, quando Claudio Abbado chiese come cachet per il suo ritorno alla Scala novantamila alberi per Milano: «Si dovevano mettere dove non c’erano, nelle strade. Ecco, quel progetto oggi sarebbe inattuabile. A Milano si possono fare praticelli, la città però ha bisogno di alberi». E aggiunge: «Ci chiedono poi di utilizzare piante autoctone, ma quelle adatte alla città sono spesso esotiche». Spiega che «i platani di cui Milano vanta alberate straordinari hanno origine da un incrocio fra il platano orientale, della Turchia, e quello occidentale, dell’America settentrionale» e intanto nomina il suo preferito: «Il grande platano ai giardini Montanelli, dietro la statua. È largo quaranta metri. Meraviglioso».
Mostra ancora tavole e immagini. Nello studio c’è anche parte della sua biblioteca sugli alberi: «Diecimila titoli. Tutti testi di Architettura del Paesaggio, Giardino, Flora del Giardino, Alberi e Boschi. E duemila sono la parte storica, dal 1501 a oggi», spiega Giorgetta. Ricorda che è nato a Milano il primo progetto di verde pubblico urbano «quando fu chiesto all’architetto Piermarini di progettare i Giardini Pubblici». Sottolinea che fra le capitali europee la nostra è la più verde: «Lo è più di Londra e Parigi. E chi sostiene il contrario considera l’intera urbanizzazione di quelle città, ma è come se noi contassimo anche il parco dell’Adda e del Lambro». E ripete: «Portiamo ancora alberi a Milano».
Poi ritorna ai progetti, dalla sua città fino all’Africa. «Con Renzo (Piano) stiamo realizzando l’ospedale per Emergency in Uganda dove sono previsti ampi spazi verdi, lì di alberi ne pianteremo duecento».