Ragazzo costretto a rubare Arrestato bullo di 14 anni
Botte e ricatti, clima di omertà nell’istituto
Inchiesta della Procura dei minorenni e dei carabinieri, ai domiciliari un 14enne. Secondo l’accusa, era a capo di una banda di bulli. Una vittima accertata: si tratta di un 13enne costretto a rubare prima dei gioielli e poi dei soldi in casa da«offrire» alla stessa banda. Gli investigatori hanno trovato sui cellulari prove evidenti. Tutto è nato dalla denuncia di un papà. Sospetti sul fatto che i professori non abbiano voluto «vedere».
Prima di rivolgersi ai carabinieri, il genitore della vittima, un 13enne, ne ha parlato a scuola, ma a suo dire una professoressa, risentita anzi offesa, l’ha subito fermato sostenendo che in questo istituto, alla periferia Sud di Milano, il «bullismo non esiste». Invece, come dimostrato dall’indagine degli stessi carabinieri sotto il coordinamento della Procura per i minorenni, il bullismo c’era e durava da parecchio tempo. Almeno dall’inizio del 2016, secondo quanto accertato dall’inchiesta culminata negli arresti domiciliari di un 14enne, nato a Milano, senza il papà. Nell’istituto «comandava» lui, a capo di una banda di cinque o sei «affiliati». Botte e ricatti, minacce ed estorsioni. In un clima crescente di persecuzione che ha portato quel 13enne ad avere attacchi di panico e rifiutarsi di andare a scuola.
Le carte delle indagini depositate in Procura e che hanno coinvolto le stazioni dei carabinieri di Porta Genova e San Cristoforo, e la Compagnia di Porta Magenta, partono dalla denuncia di un padre e soprattutto dal racconto del figlio. Il primo si è accorto della sparizione, in casa, di due anelli in oro, che appartengono alla madre. Il secondo, dopo esser stato convinto dai genitori a confidarsi, ha svelato agli investigatori il motivo della scomparsa dei preziosi. Già vessato dalla banda, composta da ragazzini tutti iscritti in questa stessa scuola, e già periodicamente accerchiato, deriso e picchiato, una mattina aveva ricevuto l’ordine di consegnare tutto l’oro che aveva in famiglia. Il 13enne si ricordava degli anelli della nonna, li aveva rubati e l’indomani li aveva dati alla banda. Senonché, inseguito dai sensi di colpa, il 13enne aveva chiesto la restituzione dei preziosi. Gli anelli sarebbero tornati sì in suo possesso, gli aveva spiegato il capo dei bulli, ma soltanto a patto del pagamento di 400 euro, per il «disturbo» reso e per l’obbligo di andare a «prelevare» quei preziosi da un gioielliere che li aveva in precedenza acquistati senza porsi domande, fregandosene che arrivassero dalle mani di ragazzini. Soldi che il 13enne non possedeva e che aveva invano provato a mettere insieme sottraendo banconote dai portafogli di mamma e papà, fin quando aveva «ceduto», si era ribellato e aveva ripetuto al bullo che mai e poi mai sarebbe riuscito a raggiungere la somma richiesta.
Anticipando la «vendetta», i carabinieri hanno compiuto rapidi accertamenti a scuola, accertamenti che proseguono per verificare se ci siano stati altri casi e analizzare le posizioni degli «affiliati»; l’esame del cellulare del bullo, il quale non si era curato di cancellare gli sms intimidatori inviati al 13enne, ha aiutato a dare un seguito concreto alla denuncia del papà e al racconto di suo figlio. Nell’istituto la situazione è grave, e in considerazione dell’evidente clima di paura nel quale la vittima ha vissuto, non può «valere» una sua postilla, quando ai carabinieri ha tenuto a precisare che nella scuola «non esistono problemi», pur al netto del ricordo cristallino di un pestaggio subìto da un suo amico. Risulta che quel genitore si sia mosso in più direzioni, ad esempio informando il Consiglio di zona. Da mesi, il 14enne è seguito da un’assistente sociale; ha già una storia criminale e ha al suo fianco i volontari di un’associazione del carcere Beccaria che lo stanno aiutando con impegno e fatica — il bullo salta parecchie lezioni — in vista dell’esame di terza media. Il ragazzino dunque non è da solo, non è abbandonato, ma sulla base di quella presunta affermazione della professoressa («Il bullismo non esiste») in palese contrasto con quanto successo e provato dall’inchiesta, forse bisognerebbe conoscere la posizione della scuola e le misure adottate. Era a conoscenza? E che cosa ha eventualmente fatto?
Gli adepti
Nella banda quattro o cinque adolescenti Si indaga su episodi nei due anni precedenti