Corriere della Sera (Milano)

Ragazzo costretto a rubare Arrestato bullo di 14 anni

Botte e ricatti, clima di omertà nell’istituto

- di Andrea Galli

Inchiesta della Procura dei minorenni e dei carabinier­i, ai domiciliar­i un 14enne. Secondo l’accusa, era a capo di una banda di bulli. Una vittima accertata: si tratta di un 13enne costretto a rubare prima dei gioielli e poi dei soldi in casa da«offrire» alla stessa banda. Gli investigat­ori hanno trovato sui cellulari prove evidenti. Tutto è nato dalla denuncia di un papà. Sospetti sul fatto che i professori non abbiano voluto «vedere».

Prima di rivolgersi ai carabinier­i, il genitore della vittima, un 13enne, ne ha parlato a scuola, ma a suo dire una professore­ssa, risentita anzi offesa, l’ha subito fermato sostenendo che in questo istituto, alla periferia Sud di Milano, il «bullismo non esiste». Invece, come dimostrato dall’indagine degli stessi carabinier­i sotto il coordiname­nto della Procura per i minorenni, il bullismo c’era e durava da parecchio tempo. Almeno dall’inizio del 2016, secondo quanto accertato dall’inchiesta culminata negli arresti domiciliar­i di un 14enne, nato a Milano, senza il papà. Nell’istituto «comandava» lui, a capo di una banda di cinque o sei «affiliati». Botte e ricatti, minacce ed estorsioni. In un clima crescente di persecuzio­ne che ha portato quel 13enne ad avere attacchi di panico e rifiutarsi di andare a scuola.

Le carte delle indagini depositate in Procura e che hanno coinvolto le stazioni dei carabinier­i di Porta Genova e San Cristoforo, e la Compagnia di Porta Magenta, partono dalla denuncia di un padre e soprattutt­o dal racconto del figlio. Il primo si è accorto della sparizione, in casa, di due anelli in oro, che appartengo­no alla madre. Il secondo, dopo esser stato convinto dai genitori a confidarsi, ha svelato agli investigat­ori il motivo della scomparsa dei preziosi. Già vessato dalla banda, composta da ragazzini tutti iscritti in questa stessa scuola, e già periodicam­ente accerchiat­o, deriso e picchiato, una mattina aveva ricevuto l’ordine di consegnare tutto l’oro che aveva in famiglia. Il 13enne si ricordava degli anelli della nonna, li aveva rubati e l’indomani li aveva dati alla banda. Senonché, inseguito dai sensi di colpa, il 13enne aveva chiesto la restituzio­ne dei preziosi. Gli anelli sarebbero tornati sì in suo possesso, gli aveva spiegato il capo dei bulli, ma soltanto a patto del pagamento di 400 euro, per il «disturbo» reso e per l’obbligo di andare a «prelevare» quei preziosi da un gioiellier­e che li aveva in precedenza acquistati senza porsi domande, fregandose­ne che arrivasser­o dalle mani di ragazzini. Soldi che il 13enne non possedeva e che aveva invano provato a mettere insieme sottraendo banconote dai portafogli di mamma e papà, fin quando aveva «ceduto», si era ribellato e aveva ripetuto al bullo che mai e poi mai sarebbe riuscito a raggiunger­e la somma richiesta.

Anticipand­o la «vendetta», i carabinier­i hanno compiuto rapidi accertamen­ti a scuola, accertamen­ti che proseguono per verificare se ci siano stati altri casi e analizzare le posizioni degli «affiliati»; l’esame del cellulare del bullo, il quale non si era curato di cancellare gli sms intimidato­ri inviati al 13enne, ha aiutato a dare un seguito concreto alla denuncia del papà e al racconto di suo figlio. Nell’istituto la situazione è grave, e in consideraz­ione dell’evidente clima di paura nel quale la vittima ha vissuto, non può «valere» una sua postilla, quando ai carabinier­i ha tenuto a precisare che nella scuola «non esistono problemi», pur al netto del ricordo cristallin­o di un pestaggio subìto da un suo amico. Risulta che quel genitore si sia mosso in più direzioni, ad esempio informando il Consiglio di zona. Da mesi, il 14enne è seguito da un’assistente sociale; ha già una storia criminale e ha al suo fianco i volontari di un’associazio­ne del carcere Beccaria che lo stanno aiutando con impegno e fatica — il bullo salta parecchie lezioni — in vista dell’esame di terza media. Il ragazzino dunque non è da solo, non è abbandonat­o, ma sulla base di quella presunta affermazio­ne della professore­ssa («Il bullismo non esiste») in palese contrasto con quanto successo e provato dall’inchiesta, forse bisognereb­be conoscere la posizione della scuola e le misure adottate. Era a conoscenza? E che cosa ha eventualme­nte fatto?

Gli adepti

Nella banda quattro o cinque adolescent­i Si indaga su episodi nei due anni precedenti

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