«No a slogan e consenso emotivo»
«Autorizzati a pensare»: convivenza fondata su ragione e Costituzione, l’appello di Delpini
«Siamo autorizzati a pensare». L’arcivescovo Mario Delpini dedica il suo secondo Discorso alla città a un’esortazione alla politica: basta agli slogan e all’esasperazione dei toni, si torni alla «ragionevolezza» e al «realismo appassionato e illuminato». Quindi propone l’agenda delle priorità: «Lavoro, solitudine e mancanza di prospettive». L’immigrazione? «Evitiamo il capro espiatorio».
No al «consenso costruito con un’eccessiva stimolazione dell’emotività», no a «soluzioni facili e rapide» per «problematiche complesse», sì al «buon senso» che porta «ad affrontare le questioni complesse e improrogabili con quella ragionevolezza che cerca di leggere la realtà con vigile senso critico e che esplora percorsi con un realismo appassionato e illuminato». Insomma: «Siamo autorizzati a pensare». Sono questi i passaggi che riassumono il senso del secondo Discorso alla città dell’arcivescovo Mario Delpini, pronunciato ieri nella basilica di Sant’Ambrogio davanti alle istituzioni civili e militari delle «Terre ambrosiane».
Un anno fa, fresco di nomina, Delpini aveva proposto i suoi «Spunti per un’arte del buon vicinato», la proposta di un’alleanza tra i protagonisti della vita metropolitana. Quest’anno — forse dopo aver preso atto che la politica e la società hanno raccolto quell’invito solo occasionalmente — l’arcivescovo (che finora ha mantenuto un profilo defilato rispetto al dibattito pubblico) lancia una provocazione non priva di ironia e intitola «Autorizzati a pensare» il suo discorso contro politica e cittadinanza aggressive . Non solo: invita le istituzioni a fare riferimento alla Costituzione e suggerisce un’agenda delle priorità da affrontare con l’approccio «pensoso», e non «con eccessiva stimolazione dell’emotività dove si ingigantiscono paure, pregiudizi, ingenuità, reazioni passionali». Monsignor Delpini dice chiaramente che «si dovrà evitare di ridurci a cercare un capro espiatorio» e specifica: «Il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente». E invece, secondo l’arcivescovo le urgenze sono altre: «La crisi demografica», «la povertà di prospettive per i giovani che scoraggia», «le difficoltà occupazionali nell’età adulta e nell’età giovanile», «la solitudine degli anziani». E aggiunge: «Queste problematiche sono complesse e non si può ingenuamente presumere di trovare soluzioni facili e rapide». Anche perché, «mi sembra che siano inscritti nell’animo della nostra gente una profonda diffidenza per ogni fanatismo, un naturale scetticismo per ogni proposta di ricette che promettono rapida e facile soluzione per problemi complicati e difficili». In questo percorso Milano ha la possibilità di «disturbare le accademie», cioè di coinvolgere le sue università e le istituzioni culturali nel «leggere il presente e immaginare il futuro». Ma sul versante dei rapporti tra istituzioni e cittadini un aiuto, secondo l’arcivescovo, dovrebbe arrivare anche dalla semplificazione amministrativa di «procedure esasperanti». Insomma, dal momento che «siamo addirittura autorizzati a pensare», dice Delpini, è tempo di abbandonare un dibattito pubblico fatto di «espressioni a effetto» e «slogan riduttivi».
Al termine del discorso un lungo applauso, non usuale in queste occasioni, attraversa la basilica. E i commenti dei politici sono tutti positivi: «Sono impressionato dal discorso dell’arcivescovo — dice il sindaco Beppe Sala — perché ha ribadito il fatto che Milano può essere la culla di un nuovo pensiero sociale. Il suo è un invito alle istituzioni e mi pare che l’applauso finale sia la risposta della città». E la proposta di iniziare ogni Consiglio comunale con la lettura della Costituzione? «Non è una brutta idea». Il presidente della regione Attilio Fontana apprezza il richiamo all’educazione civica nelle scuole e specifica: «Nessuno pensa che l’immigrazione debba essere un capro espiatorio, si deve semplicemente di trovare una soluzione ai problemi di tutti, delle persone che vogliono abbandonare la loro terra e anche di chi queste persone deve accoglierle».
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