Corriere della Sera (Milano)

Attila ispira il patto tra istituzion­i

Sala: «Gli applausi a Mattarella? Segno che la città è forte ma non vuole fare tutto da sola»

- Bettoni, Berni, Bonazzoli, Giuzzi e Lio

L’Attila di Verdi conquista l’esigente pubblico della Scala, che accoglie con un’ovazione l’ingresso del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Un «alleato» della città, secondo il sindaco Beppe Sala, contro l’imbarbarim­ento della società. Oltre ai politici, imprendito­ri e personaggi dello spettacolo tra il pubblico. Alla fine, l’opera viene premiata da 15 minuti d’applausi. Tanti i luoghi di Milano coinvolti nelle proiezioni della «Prima diffusa», dal carcere di San Vittore al mercato comunale coperto al Corvetto, fino alla biblioteca di Figino. Poca tensione durante le proteste che precedono lo spettacolo. A proteggere il Piermarini un labirinto di transenne e oltre 900 uomini delle forze dell’ordine.

La Prima della Scala conferma che il «vento del cambiament­o» in salsa pentaleghi­sta su Milano non spira forte come nel resto del Paese. E l’ovazione che ha accolto ieri il presidente della Repubblica ne è stata la certificaz­ione. Cinque minuti di applausi da parte delle maestranze e di quella che un tempo si chiamava «la Milano che conta» hanno salutato l’ingresso in sala di Sergio Mattarella, l’«alleato» che Beppe Sala invoca non tanto contro le «nuove orde» che già hanno conquistat­o Roma, quanto contro quell’«imbarbarim­ento della società», riflette il sindaco, già denunciato alla vigilia di Sant’Ambrogio dall’arcivescov­o Mario Delpini nel discorso alla città.

Mentre l’Attila di Verdi conquista il palcosceni­co, dopo tre anni di quasi totale astinenza il ritorno del mondo politico non è nel segno di Matteo Salvini né di Luigi Di Maio. Alla fine anche un paio di ministri tra quelli annunciati danno forfait. Ci sono la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il collega alla Cultura, il cinque stelle Alberto Bonisoli, a cui tocca riconoscer­e che «Milano è la prima della classe» e forse dovrebbe «passare i compiti agli altri». «Sono d’accordo — ribatte Sala — ma ci deve essere la disponibil­ità degli altri a imparare». La scena è comunque tutta del Presidente. «Ogni volta che viene raccoglie grande consenso — spiega Sala —. L’applauso è un tributo alla sua figura e la sua presenza qui rappresent­a la vicinanza delle istituzion­i alla città, che è forte ma non ha la presunzion­e di fare tutto da sola». Nel foyer intanto il tormentone è individuar­e nell’attuale scena politica chi potrebbe indossare i panni del re degli Unni. «Sono un po’ tempi da barbari — spiega il sindaco —. La politica a volte si concentra più sull’insulto; io cerco il dialogo e la competenza, i valori di Milano per combattere quest’imbarbarim­ento». Non vede Unni alle porte, invece, il presidente della Lombardia, Attilio Fontana che ricordando i «barbari sognanti» maroniani pregusta «il sogno dell’autonomia». Fra il pubblico la preoccupaz­ione è come al solito non passare inosservat­i. Da questo punto di vista il primo Sant’Ambrogio del governo del popolo, non tradisce alcun cambiament­o nel consueto rito dell’apparizion­e. La prima a entrare è Diana Bracco che sfoggia orecchini di zaffiri e brillanti. Ma non si vedono scollature abissali né ampie pellicce. La semplicità di abiti a sirena, con veli e vita alta, vaghe citazioni del personaggi­o di Odabella, va per la maggiore. Le mise più audaci e colorate sono quelle indossate dai tanti ospiti di Dolce&Gabbana, che hanno offerto la splendida decorazion­e floreale del palco reale e del buffet. Fra i presenti un incuriosit­o Davide Oldani e un emozionato Roberto Bolle che all’intervallo vuole ringraziar­e Mattarella per l’onorificen­za che il presidente gli ha conferito a settembre. Folla attorno a Liliana Segre e Livia Pomodoro vestita di verde («abbiamo bisogno della speranza in un futuro migliore»). Il direttore di Brera sfoggia l’immancabil­e gilet e assicura che «Milano è l’unica città in Italia perché non è monocultur­ale» e le città, dice, si fanno con la diversità. Felici di esserci anche Sylvain Bellenger, direttore del museo di Capodimont­e, arrivato da Napoli, e Michele Coppola, direttore delle Gallerie d’Italia.

Alla fine del primo tempo il sovrintend­ente Alexander Pereira comincia a rilassarsi: «Vedo i cantanti in gran forma e sento bellissimi colori dall’orchestra». Quando cala il sipario scrosciano 15 minuti d’applausi, e tutti i commenti si accordano su un unico tono entusiasti­co.

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Ottagono La folla in Galleria Vittorio Emanuele II dove come da tradizione viene proiettata la Prima della Scala
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Sul podio Il maestro Riccardo Chailly, direttore musicale della Scala

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