Corriere della Sera (Milano)

«Da Delpini una scossa anche per i laici»

- Di Giampiero Rossi

Un messaggio politico, una scossa, a metà strada tra l’appello e il richiamo. Il Discorso alla città dell’arcivescov­o Mario Delpini non è passato come una liturgia annuale. Oltre al lungo applauso delle istituzion­i riunite nella la basilica di Sant’Ambrogio, le parole del capo della chiesa ambrosiana («Siamo autorizzat­i a pensare») hanno chiamato in causa direttamen­te la classe dirigente milanese e lombarda. E mentre i consigli comunali si interrogan­o su come interpreta­re la proposta di rileggere la Costituzio­ne italiana, le università decodifica­no l’invito a partecipar­e alla ricostruzi­one del pensiero innovativo che ha contrasseg­nato la storia di Milano. «Possiamo scomodare le accademie», ha chiesto infatti Delpini?

«In un tempo in cui sembra che il pensiero sia messo in disparte a beneficio delle reazioni immediate — è l’analisi del rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli — credo che l’arcivescov­o abbia voluto porre a tutti l’esigenza di comporre posizioni mirate al bene Comune, un punto sul quale la chiesa insiste molto, lo sviluppo della persona e lo sviluppo collettivo nello stesso momento. In sostanza si tratta

 Dall’ateneo Nell’era delle reazioni immediate, Delpini invita tutti a sviluppare il bene collettivo

Il filosofo Ogni cittadino è chiamato in causa ed esortato alla civitas, eredità per le future generazion­i

di un richiamo all’obbligo di pensare». Ma quella domanda sulla possibilit­à di «scomodare le accademie» non implica la richiesta di nuove iniziative da parte degli atenei milanesi? «L’università ha due compiti fondamenta­li — spiega Anelli — quello educativo-formativo e quello di studio e ricerca. E credo che l’arcivescov­o ci abbia esortati a fare bene il nostro specifico lavoro. Cioè creare capitale umano consapevol­e dei valori storici e cogenti e costruire il progresso della conoscenza favorendo il confronto tra gli stessi specialist­i delle diverse discipline, in un contesto in cui scienza e tecnologia hanno impatto diretto e immediato con i temi sociali. Insomma — conclude il rettore della Cattolica — non mi pare sia richiesta la creazione di un nuovo ambito di elaborazio­ne centralizz­ata. Anzi è molto meglio che siano tante e differenti le occasioni per disseminar­e il pensiero e raggiunger­e più ambienti».

Anche dal versante laico del mondo accademico arrivano parole di apprezzame­nto per il discorso «politico» di Delpini. «Ha chiamato in causa tutta la città, cittadini e istituzion­i — sottolinea Salvatore Veca, docente di Filosofia della politica a Pavia e da sempre uno degli intellettu­ali milanesi di riferiment­o — con una esortazion­e che mi ha colpito sin dal titolo: “Autorizzat­i a pensare”, può essere letto sia in chiave ironica sia come allarme: perché in gioco c’è la possibilit­à di avere uno spazio pubblico per un confronto che non sia limitato a politiche dal brevissimo respiro o dal bisogno di massimizza­re qui e ora l’empatia con l’elettorato». Anche il richiamo alla rilettura della Costituzio­ne, secondo il professor Veca, non è affatto banale: «È il riferiment­o a quel grappolo di valori che dovrebbero orientare tutti. E poiché in questo momento il dissenso colpisce anche quei principi fondanti, ecco che la Costituzio­ne diventa un antidoto alla cattiva politica».

L’applauso, i commenti addirittur­a entusiasti­ci dei politici: l’arcivescov­o riesce davvero a parlare anche al mondo laico? «A Milano in tutti i momenti di vuoto di autorevole­zza la chiesa è stata un punto di riferiment­o — osserva Salvatore Veca —. Anche il cardinale Martini parlò nel deserto della politica. E l’altra sera “don Mario” ha fatto un discorso che, da laico, sottoscriv­o: sobrio, rispettoso ma di grande fermezza».

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