Delitto di Jessica, dalle aggravanti l’ergastolo al killer
Choc per la presenza a sorpresa dell’omicida
È stato condannato all’ergastolo per omicidio pluriaggravato Alessandro Garlaschi, il tranviere che nella notte tra il 6 e 7 febbraio, dopo un approccio sessuale respinto dalla giovane, uccise con 85 coltellate Jessica Valentina Faoro, la 19enne che (con un difficile vissuto familiare alle spalle) aveva trovato ospitalità nella sua casa in via Brioschi.
È stato condannato in rito abbreviato all’ergastolo per omicidio pluriaggravato Alessandro Garlaschi, il tranviere che nella notte tra il 6 e 7 febbraio, dopo un approccio sessuale respinto dalla giovane, uccise con 85 coltellate Jessica Valentina Faoro, la 19enne che (con un difficile vissuto familiare alle spalle) aveva trovato ospitalità nella sua casa in via Brioschi, in cambio di piccoli lavori domestici e assolutamente non di una relazione cercata invece dall’uomo.
A sorpresa Garlaschi, senza avvisare prima nemmeno il suo avvocato Francesca Santini (che in arringa aveva anche chiesto alla giudice dell’udienza preliminare Alessandra Cecchelli di valutare eventuali profili di seminfermità mentale), diversamente dalle scorse tappe è voluto venire in Tribunale e presenziare all’udienza, ma davanti alla giudice invece di rendere «dichiarazioni spontanee» è rimasto muto, come peraltro era sempre stato in indagine senza mai accettare un interrogatorio del pm. La sua presenza ha così finito per creare parecchia tensione con i familiari della ragazza uccisa, al punto che la madre di Jessica, Annamaria Natella, non ha retto e si è allontanata dall’aula fin quando l’uomo non è stato riaccompagnato a San Vittore, e il fratello Andrea in lacrime ha sferrato un pugno contro il muro all’uscita.
Il pm Cristiana Roveda ha qualificato il reato di Garlaschi come omicidio pluriaggravato da quattro circostanze: «coabitazione», «minorata difesa della vittima», ma soprattutto (in termini di aggravio di pena) la «crudeltà» (intesa come sproporzione tra l’intento criminoso, in questo caso di uccidere, e l’efferatezza dell’azione eseguita in concreto per realizzare l’intento), e i «futili motivi», giuridicamente intesi non come nel gergo comune ma come quelli totalmente avulsi dal contesto nel quale matura il reato, in questo caso l’ossessione dell’uomo per il controllo sulla vita della giovane ospite, ossessione innestatasi sulla natura del movente sessuale del delitto.
La sentenza della giudice, come chiesto dalla pm, ha poi messo in continuazione l’omicidio pluriaggravato con altri due reati, aggiungendo segmenti di aggravi di pena di 5 anni e 2 mesi per il vilipendio di cadavere (commesso dal tranviere che provò a dar fuoco in casa al corpo della ragazza, carbonizzandone il tronco e la parte superiore sinistra), e 4 mesi per la sostituzione di persona, consistente nell’aver l’uomo spacciato per sorella in casa quell’altra donna che in realtà era sua moglie. E quando un reato punito con l’ergastolo (qui l’omicidio aggravato) è messo in continuazione con altri reati la cui pena superi appunto i 5 anni, la legge assorbe tutto dentro la pena dell’«ergastolo con isolamento diurno». A questo punto è intervenuta la diminuzione legata alla scelta dell’imputato di farsi processare con il rito abbreviato: sulle pene temporanee è di un terzo, mentre nel caso del carcere a vita fa scendere la pena da «ergastolo con isolamento diurno» a «ergastolo semplice».
La giudice ha inoltre condannato l’imputato a risarcire 50mila euro al fratello minore della ragazza, Andrea; 25 mila euro a testa alla madre Annamaria e al padre Stefano; e 10mila euro al Comune di Milano, pure costituitosi parte civile. «Non lo odio, provo indifferenza per lui, è un uomo inutile, è un omuncolo, di più la sentenza non poteva dargli, gli auguro un felice soggiorno nella sua nuova residenza», commenta il padre di Jessica, che da molti mesi prima dell’omicidio non aveva rapporti con la ragazza, mentre la madre conclude: «Speravo in questo ergastolo, anche se non mi ridarà indietro mia figlia».