L’acqua avrà una casa bianca e la vedovella
Caro Schiavi, le ragioni avanzate da coloro che si oppongono alla riapertura dei Navigli, sul traffico, accessibilità, parcheggi, costi, zanzare e altro, di fatto ostacolano la riscoperta del patrimonio culturale in opere d’arte idraulica che Milano possiede sotto l’asfalto. Essi sono da considerare come coloro che sostenevano le ragioni dell’igiene degli anni Venti del Novecento, che anziché pretendere una rete fognaria efficace e adeguata ai tempi, per far si che le acque del Naviglio restassero scoperte, contribuirono alla loro copertura e progressivamente all’inquinamento atmosferico, da rumore e visivo presente oggi nella via corrispondente alla cerchia dei Navigli. Le ragioni di ieri e quelle di oggi in opposizione alla presenza dei Navigli in città erano e sono un “«vero» schiaffo all’intelligenza dei milanesi.
Sono un docente di Tecnica urbanistica, materia che ho insegnato per più di 35 anni presso le Università di Pavia e di Genova e al Politecnico di Milano; ma soprattutto sono un milanese affezionato alla propria città. Si parla di Navigli, di una riapertura in realtà simulata, in quanto l’acqua non scorrerebbe con continuità. A parte i costi, non esposti con trasparenza, il progetto tace su due inevitabili conseguenze negative. La prima, che interessa forse solo i rivieraschi, è il terreno di coltura per zanzare che certamente si svilupperà nell’acqua stagnante di queste vasche. La seconda, che interessa tutti i milanesi, è l’abolizione di una direttrice di traffico, di fondamentale importanza per la mobilità intorno al centro storico e la cui soppressione comporterà insormontabili difficoltà e la riapertura di tortuosi percorsi all’interno della cerchia. Una corretta scelta urbanistica dovrebbe premiare, prima dell’estetica, la funzionalità: un’idea potrebbe essere quella di collocarvi un trasporto a nastro per pedoni, tipo quelli installati negli aeroporti, meglio se a due velocità.
Resto dell’idea che un argomento così controverso si può risolvere soltanto con un referendum: le regole della democrazia diretta, in questo caso, sono decisive. La suggestione, non metto in dubbio, è forte sul piano dell’immagine ma la complessità e i costi dell’operazione fanno pensare più ai disagi che ai vantaggi. Un conto è riportare l’acqua alla Conca di Viarenna, un altro è sfondare via Sforza e Visconti di Modrone. Cui prodest?
La Casa dell’acqua del futuro è bianca, cilindrica, con «tetti» che riparano dal sole e sulla porta una grande immagine di una «vedovella», simbolo e tradizione cara ai milanesi. Ad annunciarlo è Mm che aveva lanciato un concorso di idee cui hanno partecipato professionisti, studenti e designer: il vincitore è un architetto, Riccardo Rocco. «Entro il 2030 vorremmo ci fosse almeno una Casa in ognuno degli 88 micro-quartieri di Milano», auspica il presidente di Mm Davide Corritore. Ad oggi sono 22 e in cinque anni hanno erogato gratuitamente oltre 10,5 milioni di litri d’acqua, consentendo un risparmio di 328 tonnellate di anidride carbonica e 268 di plastica. (el. an.)