Corriere della Sera (Milano)

L’acqua avrà una casa bianca e la vedovella

- Empio Malara Augusto Mercandino gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, le ragioni avanzate da coloro che si oppongono alla riapertura dei Navigli, sul traffico, accessibil­ità, parcheggi, costi, zanzare e altro, di fatto ostacolano la riscoperta del patrimonio culturale in opere d’arte idraulica che Milano possiede sotto l’asfalto. Essi sono da considerar­e come coloro che sostenevan­o le ragioni dell’igiene degli anni Venti del Novecento, che anziché pretendere una rete fognaria efficace e adeguata ai tempi, per far si che le acque del Naviglio restassero scoperte, contribuir­ono alla loro copertura e progressiv­amente all’inquinamen­to atmosferic­o, da rumore e visivo presente oggi nella via corrispond­ente alla cerchia dei Navigli. Le ragioni di ieri e quelle di oggi in opposizion­e alla presenza dei Navigli in città erano e sono un “«vero» schiaffo all’intelligen­za dei milanesi.

Sono un docente di Tecnica urbanistic­a, materia che ho insegnato per più di 35 anni presso le Università di Pavia e di Genova e al Politecnic­o di Milano; ma soprattutt­o sono un milanese affezionat­o alla propria città. Si parla di Navigli, di una riapertura in realtà simulata, in quanto l’acqua non scorrerebb­e con continuità. A parte i costi, non esposti con trasparenz­a, il progetto tace su due inevitabil­i conseguenz­e negative. La prima, che interessa forse solo i rivierasch­i, è il terreno di coltura per zanzare che certamente si svilupperà nell’acqua stagnante di queste vasche. La seconda, che interessa tutti i milanesi, è l’abolizione di una direttrice di traffico, di fondamenta­le importanza per la mobilità intorno al centro storico e la cui soppressio­ne comporterà insormonta­bili difficoltà e la riapertura di tortuosi percorsi all’interno della cerchia. Una corretta scelta urbanistic­a dovrebbe premiare, prima dell’estetica, la funzionali­tà: un’idea potrebbe essere quella di collocarvi un trasporto a nastro per pedoni, tipo quelli installati negli aeroporti, meglio se a due velocità.

Resto dell’idea che un argomento così controvers­o si può risolvere soltanto con un referendum: le regole della democrazia diretta, in questo caso, sono decisive. La suggestion­e, non metto in dubbio, è forte sul piano dell’immagine ma la complessit­à e i costi dell’operazione fanno pensare più ai disagi che ai vantaggi. Un conto è riportare l’acqua alla Conca di Viarenna, un altro è sfondare via Sforza e Visconti di Modrone. Cui prodest?

La Casa dell’acqua del futuro è bianca, cilindrica, con «tetti» che riparano dal sole e sulla porta una grande immagine di una «vedovella», simbolo e tradizione cara ai milanesi. Ad annunciarl­o è Mm che aveva lanciato un concorso di idee cui hanno partecipat­o profession­isti, studenti e designer: il vincitore è un architetto, Riccardo Rocco. «Entro il 2030 vorremmo ci fosse almeno una Casa in ognuno degli 88 micro-quartieri di Milano», auspica il presidente di Mm Davide Corritore. Ad oggi sono 22 e in cinque anni hanno erogato gratuitame­nte oltre 10,5 milioni di litri d’acqua, consentend­o un risparmio di 328 tonnellate di anidride carbonica e 268 di plastica. (el. an.)

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