Design, pubblicità, cultura Alla Galleria Creval si celebrano gli anni 80
Tra arte e design, una mostra alla Galleria Creval ricostruisce il decennio della «Milano da bere»
Vestivamo alla paninara. O alla metallara, secondo le tendenze. E vivevamo senza saperlo un momento irripetibile: quello della «Milano da bere», modaiola e ottimista, che usciva dagli anni di piombo per tuffarsi nel consumismo, nel benessere e nel rampantismo dell’era craxiana. L’espressione viene da uno slogan pubblicitario del 1986, ideato da Marco Mignani per l’Amaro Ramazzotti e immortalato in un manifesto con lo skyline meneghino: lo stesso che, in versione originale, è esposto come icona di un’epoca nella rassegna «Reality 80. Il “decennio degli effetti speciali”», titolo ispirato a Umberto Eco, che apre oggi alle 18.30 alla Galleria Creval.
Curata da Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio con la consulenza di Valentino Catricalà e Mario Piazza, la rassegna non si propone come percorso cronologico o storico, ma come narrazione sfaccettata, tra società e costume, arte e cultura, design e spettacolo. Procedendo per temi, esperienze, episodi chiave che identificano gli anni Ottanta: al centro dello spazio espositivo tavoli e bacheche mostrano foto, documenti e oggetti cult, le opere più impegnative si snodano lungo le pareti. Si parte dalla libera fucina artistica dell’ex fabbrica Brown Boveri, occupata da alcuni studenti del Politecnico guidati dall’architetto e collezionista-mecenate Corrado Levi: tra loro c’erano anche Stefano Arienti e Pierluigi Pusole, oggi artisti storicizzati. Accanto qualche postazione con schermi d’epoca dove giocare dal vivo con i primi videogiochi, nati proprio allora: effetto preistoria. A seguire uno spazio dedicato a Filippo Panseca, pioniere della videoarte e creatore dell’innovativa scenografia dei congressi Psi: futuristica nel 1989 negli spazi dell’ex Ansaldo la sua piramide proiettiva e multimediale, primo passo verso la spettacolarizzazione della politica. E ancora: una piccola galleria di scatti di Maria Mulas, tra cronaca mondana e paesaggio urbano, e i poetici «Ritratti di fabbriche» realizzati tra 1978 e 1980 da Gabriele Basilico. La nuova figurazione italiana è rappresentata dal minimalismo di Tino Stefanoni, dalle atmosfere metafisiche di Arduino Cantafora, dal gruppo postmodernista Memphis, con Nathalie Du Pasquier ed Ettore Sottsass, dove design e arte si contaminano felicemente come allo studio Alchimia, con Guerriero, Mendini, De Lucchi, Raggi.
Inconfondibile poi il gusto dei pattern grafici in cui comincia ad affacciarsi l’uso del computer, dalle prime pagine di «Cuore», «Domus», «Frigidaire» alle copertine degli lp di Mario Convertino, dove il linguaggio della tecnologia diventa terreno per l’espressione creativa. Tra i memorabilia scarpe, felpe, accessori, gadget, libri, vignette satiriche (il Cipputi di Altan!), mentre il mondo musicale rivive attraverso la trasmissione televisiva di Rai 1 «Mister Fantasy» condotta da Carlo Massarini: sono gli albori del videoclip, la prima «musica da vedere». Un suggestivo «come eravamo» per chi ha vissuto quel momento, una vera miniera di informazioni per i Millennials.