Il cacciatore di targhe alla memoria
De Carli, ex professore, ha mappato 1.156 insegne Quando una scompare avvisa subito il Comune Custode della memoria
Edoardo De Carli, ex professore in pensione, cammina guardando in alto: è il suo vezzo, la sua mania. Milano ha un custode delle targhe commemorative appese ai muri degli edifici, e neanche se ne accorge.
«Il valore della storia e delle persone che l’hanno fatta non si deve perdere. Ho catalogato 1.156 insegne. Le scopro, le fotografo, cerco informazioni e le inserisco con tanto di epigrafe sul sito internet chieracostui.com», dice il docente. Le targhe di marmo stanno sopra le nostre teste eppure in pochi le leggono: «Non interessa la vita di chi ci ha preceduto? In città ce ne sono 1.193. Devo stanare le 37 che mancano all’appello...».
Tutto iniziò una mattina in classe, al liceo classico Beccaria. «Scoperchiai d’un tratto l’ignoranza crassa dei ragazzi. Non conoscevano il territorio. Non sapevano neanche che quella in piazza Cordusio era la statua di Giuseppe Parini — inorridisce al ricordo —. Lanciai allora un concorso scolastico provocatorio, alla ricerca delle targhe “perdute”. Gli studenti ci presero gusto per una settimana, io continuo anche oggi a distanza di anni», ride sotto quei baffi che con il tempo sono ingrigiti solo un po’.
Il professore — gli alunni lo ricordano bene — era uno che non faceva le classiche interrogazioni in classe, ma domande sparse a tutti, durante ogni lezione. Alla fine del trimestre non avevi idea del voto che avresti avuto in pagella. Anche l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno lo ha avuto in cattedra: ed è a Del Corno che il prof scrive adesso, a ruoli capovolti, quando qualche targa «scompare» e lui — gendarme attentissimo — registra il vuoto sul muro.
L’ultima lettera è della settimana scorsa: «Gentile assessore, nel 2016 fotografai in via Bramante 49 il ricordo di Umberto Ceva, “cospiratore antifascista, che muoveva verso il carcere e la morte sulle vie del sacrificio eroicamente additando agli oppressori e ai dimentichi la libertà”. Ebbene, l’area che una volta era occupata dal Deposito Bulk è stata demolita. Ho fatto una ricognizione, all’hotel e al ristorante sorti sul luogo nessuno sa che fine ha fatto la targa. A chi spetta riportarla al suo posto? Ne abbiamo perdute già troppe — prosegue con ironia —. Castellino da Castello l’ha fatto fuori la guerra; Foscolo lo ha sloggiato Armani da via Sant’Andrea; Francesco Predabissi, meritorio sostenitore ottocentesco delle colf, è sparito quando hanno restaurato Santo Stefano. Vogliamo perderci pure Umberto Ceva, uno che preferì darsi la morte piuttosto che fare la spia sotto tortura ?».
Leggendo il sito internet si fanno scoperte: Filippo Turati e Anna Kuliscioff sono al numero 23 della Galleria Vittorio Emanuele, Ernest Hemingway in via Armorari dove c’era l’ospedale della Croce rossa americana, il rivoluzionario Ho Chi Minh in via Pasubio, in una casa che il presidente della Repubblica del Vietnam frequentava negli anni Trenta.
Nel tempo hanno iniziato a collaborare persone da tutta l’Italia. Ogni settimana il prof riceve una cinquantina di foto: l’archivio digitale è arrivato a un totale impressionante, 27 mila. Del Corno sorride: «Le targhe sono importanti ma la memoria sempre più viaggerà su piattaforme digitali — dice —. Scommetto che persino i musei, nel lungo termine, avranno bar-code di fianco ai quadri, per “raggiungere” didascalie virtuali tramite app». Lo stesso Del Corno, però, non tarda ad entusiasmarsi al pensiero di una targa: «Sono molto affezionato a quella del compositore Bruno Bettinelli, orgoglioso di aver contribuito a metterla. Generazioni di musicisti facevano lezione da lui, in via Compagnoni al civico 7...».
Al Beccaria Ho iniziato con gli studenti, non mi sono più fermato