I turisti e Rogoredo
ALLEANZA AL RIALZO PER LA CITTÀ
Non è solo una questione di turisti. Arrivano, sempre più numerosi, dagli Stati Uniti, dalla Germania, dalla Francia, dalla Cina. Un fenomeno consolidato che a ottobre ha segnato un dato choc (in positivo): più 25 per cento. Ben vengano e si godano la città che più di tutte, in Europa, ha avuto forza e coraggio per cambiare radicalmente i suoi connotati in così pochi anni. Milano piace, dunque, a chi la visita. Ma ancora più significativo, forse, è il tramonto del rito del weekend fuori città. Milano piace (molto di più) anche a chi la vive. Un sentire collettivo difficilmente quantificabile con una percentuale. Ma certamente diffuso. In ogni caso cristallizzato nelle nuove parole d’ordine. Chi non aveva una via di fuga fuoriporta era trattato fino a pochi anni fa con una certa commiserazione. Oggi dire: «Questo weekend vado al Mudec a vedere Banksy» è infinitamente più trendy. Eppure, massimizzato il corroborante effetto di vivere un cambiamento epocale in un Paese altrove assai più depresso, frustrato e disorientato, sarà bene riallacciare i fili di un dialogo emergente tra alcune istituzioni della città, se non vogliamo restare un po’ storditi dal profluvio dei «mi piace».
Ci sarà un motivo se il sindaco Sala, nel tracciare il bilancio di metà mandato, una volta incassati i dividendi dei primati di Milano, ha detto che ora intende soprattutto occuparsi degli «ultimi» e dei penultimi». Proclamando il 2019 anno delle periferie.
E certo non sarà sfida da poco dimostrare che il cosiddetto piano dei quartieri non è la semplice sommatoria aritmetica degli investimenti messi a bilancio sul territorio per la roboante cifra di 1,6 miliardi, ma piuttosto un incisivo intervento che accorcia le distanze tra le due città. Sull’altare delle priorità Sala è pronto a immolare il sogno della riapertura dei Navigli, se si dimostrerà troppo costoso. E nell’arcivescovo Mario Delpini, che ha lanciato il sinodo «laico» sui bisogni della città, ha indicato il suo interlocutore privilegiato. Più complessa, va da sé, l’interlocuzione con Matteo Salvini, che nel suo espansionismo di mediolungo periodo sogna già la bandierina della Lega infilzata nell’ultima roccaforte del centrosinistra. Non lesina incursioni destabilizzanti sul tema dell’accoglienza dei profughi. E giusto ieri si è scontrato con il sindaco sulla manovra. Eppure quando parla di Milano, gli ha riconosciuto lo stesso Sala, si muove con «un certo rispetto». C’è peraltro un tema, il bosco della droga, su cui si è detto pronto a entrare in partita. Non sembri che vogliamo guastare il clima natalizio, ma è un attimo passare dai piani alti del Bosco Verticale al precipizio di Rogoredo appena fuori città. Lì c’è una generazione che si sta perdendo. Anche questo, ahinoi, è un record europeo: la capitale dello spaccio a più basso prezzo e a più alto rischio. Quella non è la città da vivere, è la città dove si può morire. Eppure proprio da lì può partire una grande alleanza al rialzo che metta insieme il piano periferie del sindaco, il sinodo laico dell’arcivescovo, la determinazione del prefetto Renato Saccone a riconquistare un pezzo di territorio senza spostare semplicemente il problema un po’ più in là. E perfino Salvini. Tra i tanti primati collezionati, ce n’è uno da scrollarsi di dosso.