Corriere della Sera (Milano)

Sul palco Un clown allo Strehler La poesia della neve

- Livia Grossi

«Questo spettacolo è come un figlio per me, sa dare gioia e tristezza, sa far ridere e commuovere fino alle lacrime, mi ha permesso di conoscere meglio me stesso, mi auguro accada lo stesso al pubblico». Slava Polunin, «il miglior clown del mondo», torna da oggi al 13 gennaio al Teatro Strehler con il suo straordina­rio «Slava’s Snowshow», uno spettacolo poetico e visionario visto da milioni di spettatori, un rito poetico e festoso che dal 1993 in ogni teatro del mondo compie la sua magia, «far tornare tutti bambini». In un’atmosfera sospesa dove sogno, comicità ed emozioni sono protagonis­ti, in scena un trionfo di colori tra bolle di sapone, palloncini ed effetti speciali compresa la tempesta di neve che invade il teatro nel finale, quel soffice manto bianco che il celebre clown russo (direttore artistico del Bolshoi Saint Petersburg State Circus) conosce da sempre: «La neve è un elemento fondamenta­le per Slava, gli ricorda la sua infanzia — dice Francesco Bifano, unico clown italiano del cast — ma ognuno di noi vede ciò che vuole, l’interpreta­zione è libera, qui non c’è una trama, ma un gioco di evocazioni e immagini». Uno spettacolo difficile da raccontare, come un’alba o una suggestion­e. Tra le possibili chiavi di lettura, Bifano, da dieci anni nella compagnia, propone la sua: «Oltre a gag e risate, c’è una profonda riflession­e sulle fasi della vita, dall’infanzia all’età adulta con l’amore e i suoi conflitti, fino agli ultimi respiri, e forse a una possibile rinascita». Sul palco otto attori tra cui il protagonis­ta, quel tenero e goffo clown in tuta gialla creato da Slava, che «rappresent­a la voglia di vivere che c’è in ognuno di noi, una presenza a volte nascosta che qui torna a farsi sentire; al suo fianco c’è il clown verde e i vari cloni, strani personaggi che sembrano provenire da un altro pianeta, ma sono sempliceme­nte gli Altri, tutti quelli che ci sono dentro e fuori di noi».

Ad esaltare la magia dello show, il silenzio, o meglio l’assenza del testo, che amplifica i sensi e apre nuovi sguardi sul mondo: tra i maestri di Slava il grande mimo Marcel Marceau, modello di raffinatez­za, ma anche tutta la poesia di un clown come Leonid Engibarov, e l’ umanissima amarezza di Charlie Chaplin. «Sul palco la presenza di questi artisti si sente dall’inizio alla fine, ma ognuno di noi porta il proprio contributo, io sono nato nell’Italia del sud, il mio clown s’ispira alla commedia dell’arte, a Totò e ad Aldo Fabrizi». Uno spettacolo dalle mille sorprese, dove tra una magia e un colpo di scena, c’è anche l’intervallo con una straordina­ria invasione di clown in platea e il finale (top secret) con il pubblico che rimane al proprio posto anche quando lo show è terminato: «Solo quando l’ultimo spettatore sarà uscito, possiamo dire che è veramente finito».

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