«Quadri e sculture salvano le spiagge» L’arte ecologista con i rifiuti del mare
Serra: le mie opere dagli scarti raccolti in Sardegna
La storia dell’artista ecologista Annarita Serra, origini sarde ma cresciuta a Milano, che oggi espone in giro per l’Italia le sue composizioni realizzate con i rifiuti di plastica raccolti personalmente sulle spiagge della sua isola, a Piscinas. Una vocazione ambientalista scoperta per caso.
Per Annarita tutto è cambiato nell’estate del 1999. Prima, delle sue origini sarde non le era mai importato. Originaria di Villacidro, ma cresciuta alla Bovisa, alla sua isola non si sentiva legata. Non avrebbe mai immaginato che, di lì a due anni, avrebbe «raccolto il grido di dolore del mare» e dedicato la sua vita e la sua arte alla difesa degli oceani. Annarita Serra, che oggi vive a San Siro, è artista e designer. Ha esposto alla Triennale, al Fuorisalone, al Palazzo Ducale di Genova. D’inverno perlustra le spiagge sarde di Piscinas, a e raccoglie i rifiuti portati dalle mareggiate. Poi, nella sua casa-atelier milanese li divide pazientemente secondo le sfumature di colore. Quindi, senza usare neppure una goccia di tempera, realizza spettacolari mosaici e sculture. Una delle opere più famose è il volto della Venere di Botticelli. «Se la dea uscisse oggi dai mari, avrebbe questo aspetto» racconta l’artista mostrando il bel volto, che spicca su un cielo fatto di tubetti, tappi, pezzi di giocattoli, schiacciamosche. «I capelli biondi sono fatti con un gomitolo di stoppa, anche questo restituito dal mare».
D’estate le spiagge sono pulite, ma ci sono punti in cui i rifiuti si accumulano. «Uno di questi lo scoprii per caso, passeggiando. Vent’anni fa non sapevo nulla del problema. È stato così che ho cominciato a raccoglierla. Da un lato mi spaventava ma dall’altro mi sembrava bella, poiché lavorata dalle onde. Ne portai via molti chili e provai a farne dei quadretti. Poi, su consiglio di un’amica, li inviai a una galleria d’arte a Aix en Provence, che cercava novità. Li vendettero tutti e mi convinsi: avevo fatto la scelta giusta».
Sul campo
Non solo quella ecologica, ma anche quella di cambiare vita. Fino ad allora, infatti, Annarita aveva sempre lavorato come brand manager in una multinazionale. Dopo il diploma a Brera, aveva lasciato gli studi di Architettura e accettato un impiego per aiutare i genitori. Nel 1999, però, aveva fatto un viaggio in Nuova Zelanda. «Era da un po’ che m’interrogavo su quale fosse la mia strada ed è stata quella natura primordiale a indicarmela. Ho capito che anch’io venivo dal mare. Sono tornata in Sardegna e ho scoperto le spiagge di Piscinas. Se non lo avessi fatto tutto questo non sarebbe mai cominciato».
Dai primi quadretti, l’artista è passata a mosaici e tele più grandi, nonché a sculture. Come Surplus, un busto ricoperto da oggettini di plastica: dalle sorpresine dell’uovo di cioccolato ai gadget. E poi Unite colour, il volto di Cristo con un’aureola di cartucce dei cacciatori, trovate nella sabbia. E ancora, tante icone: da Marilyn Monroe a Charlie Chaplin, da Frida Kahlo alla ragazza con l’orecchino di perla. «La gente riconosce l’icona e, quando si avvicina al quadro e capisce che è fatto con scarti di plastica, resta sconcertata». Ma, in fondo, svegliare le coscienze era proprio quello che Annarita sperava. «Dieci anni fa avevo intitolato una delle mie opere Too late, ovvero “troppo tardi”. Oggi penso invece che c’è più presa di coscienza».