«Ultimo live per spegnere le Luci»
Vasco Brondi al Nazionale con il concerto d’addio del suo progetto musicale
Era il 2008 quando Vasco Brondi pubblicava «Canzoni da spiaggia deturpata» firmandosi Le Luci della Centrale Elettrica. Questo il nome del suo progetto musicale che nel corso di un decennio ha saputo dare voce alla generazione degli «anni zero» con un cantautorato che man mano si è evoluto, lasciandosi alle spalle le chitarre sporche e l’essenzialità degli inizi per dare spazio a melodie ariose, arrangiamenti complessi e impreziositi da suoni provenienti da luoghi lontani, testi meno claustrofobici. Sono le caratteristiche di «Terra», disco di due anni fa che segna la fine di un percorso: Brondi ha deciso di spegnere Le Luci della Centrale Elettrica e domani chiuderà il cerchio a Milano, con un sold out al Teatro
Nazionale (p.zza Piemonte 12, ore 21, biglietti esauriti) e un concerto pensato sulla falsariga della recente raccolta «2008/2018. Tra la via Emilia e la via Lattea». «Lavorare a quel doppio album mi ha aiutato a rendermi conto di come la musica di Le Luci si sia trasformata nel tempo», spiega il cantautore di Ferrara. «Tutto era partito da una cittadina di provincia, ma la periferia si è poi allargata e l’immaginario si è espanso fino a inglobare colline, montagne, altre nazioni, continenti, il pianeta Terra. Ora si cambia, ma non è una scelta razionale la mia, sento che è giusto così: il bello del mio lavoro è che ti impone di evolverti e a volte per riuscirci bisogna mettersi in una condizione di obbligo». Come dire: abbandono la «comfort zone» e vediamo che succede. Di certo Brondi ha tante carte da giocarsi, lui che, oltre ad aver inciso cinque dischi, ha scritto libri e fumetti. «Ho dato via a Le Luci nel 2008, ma i miei riferimenti risalivano agli anni 90 e al passato, penso ai CCCP e a Battiato». Il 34enne non sa cosa l’aspetta adesso, ma dalle sue parole si capisce che non accantonerà la musica. «Non è che ci si debba aspettare chissà quali sorprese, non farò un disco techno per stupire tutti, continuerò per la mia strada», precisa. «Ciò che so per certo è che questo mestiere per me non ha nessun senso se inteso come corsa all’accrescimento di un pubblico e del proprio status sociale».