Dall’affitto ai roghi Così i clan pilotano il ciclo dei rifiuti
Affare in 5 fasi. La prima mappa completa
Dal 2017 i roghi di rifiuti in Lombardia sono stati 37, quasi due al mese. Un’enormità che trasforma la regione in una nuova Terra dei fuochi. Complice il blocco imposto nel 2017 dalla Repubblica popolare cinese a 24 materiali da riciclo, i roghi di impianti, capannoni abusivi e discariche si sono «spostati» in Lombardia. Le organizzazioni criminali pilotano il business, stipano tonnellate di spazzatura e, in caso di controlli, scatenano le fiamme.
L’escalation è impressionante. Dal 2017 i roghi di rifiuti sono stati 37, al ritmo di quasi due al mese. Un’enormità che ha trasformato la Lombardia in una nuova Terra dei fuochi. O meglio, che ha ribaltato i piani nei quali finora il problema dello smaltimento illegale era stato affrontato nel nostro Paese. Con un Nord produttivo che riversava — nella più totale indifferenza — migliaia di tonnellate di rifiuti al Sud (in Calabria e Campania in particolare) rimanendo sullo sfondo del fenomeno delle ecomafie.
Oggi non è più così. E complice l’editto del yang laji (spazzatura straniera), il blocco imposto nel luglio 2017 dal Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese a 24 materiali da riciclo (plastica, carta, residui tessili contaminati), i roghi di impianti, capannoni abusivi e discariche si sono «spostati» in Lombardia. Dove le organizzazioni (spesso le stesse aziende di smaltimento borderline) stipano tonnellate di spazzatura in luoghi non autorizzati nella speranza che gli accordi con la Cina (principale importatore di rifiuti) si sblocchino, o che si trovi una nuova via perle esportazioni, magari verso l’Africa. Poi quando si fiuta il pericolo di controlli da parte delle forze dell’ordine la soluzione del fuoco è la più efficace per distruggere le prove. L’analisi emerge da uno studio sul ciclo dei rifiuti elaborato da Cross, l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università Statale diretto da Nando dalla Chiesa. Una fotografia del fenomeno allarmante, ma che offre anche nuove chiavi di lettura. Soprattutto per quanto riguarda il ruolo (finora solo presunto) delle organizzazioni mafiose.
Nella classifica dell’illegalità nel ciclo dei rifiuti stilata da Legambiente, la Lombardia risulta all’ottavo posto a livello nazionale con 399 infrazioni accertate. La prima regione del Nord seguita da Piemonte (380) e Liguria (237). Il primato a livello provinciale spetta a Brescia (61), seguita da Bergamo (44), Como (41) e Pavia (32). In Lombardia, del resto, ci sono 2.700 aziende di trattamento rifiuti.
Se il fenomeno dei roghi può essere considerato sostanzialmente una novità degli ultimi anni (45 in totale i roghi dal 2015 a ottobre 2018) quello che secondo i ricercatori della Statale non va sottovalutato è l’apporto che, quantomeno per la fase di stoccaggio e trasporto del materiale, potrebbe essere arrivato da manovalanza mafiosa. Per comprenderlo occorre prendere in considerazione le indagini antimafia dell’ultimo decennio che si riferiscono in particolare al movimento terra. Un «settore tradizionale dell’economia mafiosa» che potrebbe essersi in questi ultimi anni riverberato su rifiuti
Escalation dal 2017
A causa dello stop della Cina alla «spazzatura straniera» sono nate nuove discariche illegali
plastici. Le indagini prese in esame riguardano il caso della «Perego strade» (clan IettoStrangio), Cerberus, Parco Sud, Fly hole (tutte legate alla famiglia Barbaro-Papalia) e Star Wars (Stillitano).
In sostanza il ciclo di smaltimento mafioso si svolge in cinque fasi. Per primo l’acquisto o l’affitto di un terreno. In secondo luogo l’escavazione, poi l’interramento e la costruzione di edifici sui terreni utilizzati per smaltire i rifiuti illegalmente. Da ultimo la «denuncia» dell’inquinamento con annessa richiesta di bonifica a spese della collettività. Un po’ come avvenuto nel caso di via Guido Rossa a Buccinasco. Il tutto con il semplice «girobolla» ossia la sostituzione dei documenti con i codici di accompagnamento del carico dei rifiuti. In sostanza truccando i formulari: «Nella maggior parte dei casi, le norme in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti vengono violate durante la fase di trasporto».
Lo stesso, venendo all’attualità, sarebbe avvenuto (il condizionale è legato al fatto che le indagini non sono ancora concluse) per il trasporto dei rifiuti andati a fuoco il 3 gennaio a Corteolona (Pavia). Almeno così dicono le indagini dei carabinieri. Scrivono i ricercatori di Cross: «Lo smaltimento illecito si configura come un prezioso strumento di collegamento e di saldatura di interessi con imprese legali, le quali, complice la crisi economica, abbandonano con maggiore facilità rispetto al passato la via segnata dalla normativa comunitaria e nazionale, cercando scorciatoie per aggirare i costi e conseguire profitti».