Massini adatta «Cuore di cane» La nuova produzione del Piccolo e la satira antisovietica di Bulgakov
Il messaggio nella bottiglia che Michail Bulgakov, non a caso medico e autore del «Maestro e Margherita», ha nascosto in «Cuore di cane», scritto nell’anno soviet 1925, è stato letto nella patria russa solo nell’anno di disgelo 1987 mentre in Italia è edito dal 1967 e nel ‘75 Lattuada ci fece anche un film. Ecco ora la riscrittura del romanzo di Stefano Massini per il Piccolo Teatro, che produce con la compagnia Lombardi-Tiezzi. «Un libro che Bulgakov, mai dissidente, scrisse sapendo che non sarebbe stato letto dai suoi coevi», avverte il direttore Sergio Escobar. Ma attenzione niente cronaca né attualizzazione nella storia fantaironica del randagio chiamato Pallino e del professore per soli ricchi in cerca faustiana del segreto dell’eterna giovinezza che trapianta nell’animale un’ipofisi umana avviando una metamorfosi in senso anti Lorenz: il cane cammina a due zampe, perde coda e peli, parla in turpiloquio da post vodka, un punkabbestia. Urge educarlo. Tutto il testo si basa sullo sforzo d’insegnare al cane come stare dentro la commedia umana. Ma quale? Quella sovietica di una rivoluzione propulsiva diventata cancerosa, così Pallino si trasforma nel cittadino sovietico amato da Lenin ma detestato dal nostalgico dottore.
«C’è dentro un dolore d’autore, l’iniziazione alla sofferenza, una discesa in profondità», dice il regista Giorgio Sangati, da intendersi non solo in metafora: il palcoscenico avrà infatti una parte sotterranea visibile, ad altezza bassa di cane, effetto speciale dello scenografo Marco Rossi. Paolo Pierobon, glabro, compreso nella fisicità della bestia umana commenta: «È spettacolo di ringhio, a nervi scoperti in cui tutti ci passiamo una palla emotiva che vorremmo arrivasse in platea. E imparare la lingua vorrà dire anche conoscere le parole del teatro stesso, il loro peso specifico». Del resto Bulgakov amava il palco e scrisse una commedia su Molière, siamo in famiglia ma con Lenin al posto del re Sole. Sandro Lombardi è il professore e vede nello spettacolo «un’attualità di vita, sentimenti, sofferenze, la storia di un’educazione coercitiva ma con meravigliosa leggerezza satirica. La metamorfosi, tema centrale letterario da Alice a Orwell, non riguarda solo il cane che scodinzola, latra, abbaia, ma anche il mio dottore positivista». Parabola quindi ad alto valore metaforico, kafkiano, utilizzabile ad ogni era ed età: cane-uomo proletario-uomo di regime Pallinov-di nuovo cane. «Imparare a vivere per Pallino si identifica con imparare a recitare — continua Pierobon —come un trattato di teatralità». «Cuore di cane ci parla a tu per tu, dal palco gli spettatori sono chiamati colleghi», dice Lombardi. «Il discorso sul potenziale espressivo del linguaggio e le forme dell’apprendimento è basilare — aggiunge Massini — come in un laboratorio linguistico che sfocia in consapevolezza politica». E Sangati rincara la dose: «Il testo che racconta questa disumanizzazione ci dice che i mostri sono tra noi, in noi, e dobbiamo farci i conti. È la forza di un testo che nasce per essere contemporaneo e nei cui molteplici livelli ciascuno cerca la sua verità». Oggi, 94 anni dopo da che Bulgakov ripose la sua penna.