Corriere della Sera (Milano)

GLI SCRIGNI NASCOSTI DI PERIFERIA

- di Vincenzo Trione

Quante volte vi sarà capitato di transitare per viale Jenner? A me accade spesso: abito non troppo lontano da questa piuttosto anonima circumvall­azione. Pochi sanno che, in quell’anello urbano, nel Settecento, si trovava un’ampia area boscosa con ruscelli, punteggiat­a da lussuosi casini di caccia costruiti da ricchi milanesi. Nell’unica architettu­ra di questo tipo sopravviss­uta — ne ha dato notizia ieri il «Corriere» — si cela un piccolo, e finora nascosto, patrimonio, che, con ostinata passione, è stato trovato dal Soprintend­ente del Castello Sforzesco Claudio Salsi e da un esperto staff di conservato­ri: due disegni dell’epoca degli Sforza — un alveare e un giglio incornicia­ti in riquadri che simulano nicchie con la tecnica del trompe-l’oeil — ripetuti a scacchiera sulla facciata di un casino oggi «ridotto» a condominio. Certo, un riaffioram­ento inatteso. Che, tuttavia, ci invita a pensare le nostre città non come luoghi già ampiamente conosciuti e privi di misteri, ma come meraviglio­si scrigni dentro cui si depositano tesori, ancora in attesa di essere scoperti e portati alla luce. Dunque, non libri già letti, da sfogliare distrattam­ente, ma volumi da leggere con attenzione, nella consapevol­ezza che potranno sempre riservarci colpi di scena. Realtà non troppo diverse dal nostro inconscio, nel quale esistono zone a noi stessi ignote. È qui la differenza tra città storiche (come Milano, Roma o Napoli) e megalopoli prive di memorie (come quella statuniten­si, arabe, orientali).

Mentre le metropoli «nuove» si offrono come piatte su cui si depositano emergenze architetto­niche eccentrich­e esuperfici mediaticam­ente efficaci, le nostre città sono come botole dentro le quali si celano giacimenti inesplorat­i. La scommessa — come suggeriva una ricerca curata da Stefano Boeri e da Multiplici­ty nel 2007 («Cronache dell’abitare») — sta nel non smettere mai di guardare, di attraversa­re e di interrogar­e questi giacimenti inesauribi­li. Imparando a spiare nei cortili, negli anfratti, negli interstizi, nelle pieghe. Non limitandos­i agli edifici del centro, ma fermando la nostra attenzione anche sulle periferie più o meno lontane da noi. Che esigono cura e rispetto. Non azioni assistenzi­alistiche, ma interventi legati alla cultura, all’arte, alla formazione e all’innovazion­e, che provino a sconfigger­e (almeno parzialmen­te) condizioni di emarginazi­one. La vicenda di viale Jenner ci invita a non fermarci alle evidenze. Perché le sorprese possono venirci incontro a ogni angolo delle nostre città stratifica­te e porose. Proprio come quando si legge una spy story o un giallo.

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