Inquinamento Non solo motori
Camini, forni a legna e agricoltura Le (altre) fonti di polveri nocive Freni e gomme, «agenti» invisibili
Lungo via della Moscova un’utilitaria si lancia a tutta velocità verso il semaforo all’angolo con via San Marco. Sta per diventare rosso. L’autista però non ha calcolato bene i tempi e all’ultimo è costretto a schiacciare il pedale del freno. A pochi passi di distanza, il proprietario di una pizzeria si vanta coi clienti della qualità delle pizze, cotte rigorosamente nel forno a legna. Nessuno dei due pensa alle conseguenze di queste azioni sull’inquinamento. Eppure sono responsabili della cappa di smog che opprime Milano. Lo dicono gli studi di Arpa, agenzia regionale per la protezione dell’ambiente che «passa al setaccio» l’aria lombarda e studia chi e cosa la sta avvelenando.
Il primo valore da misurare è il Pm10, le cosiddette polveri sottili o particolato. La soglia di guardia è 50 microgrammi per metro cubo d’aria, limite che a Milano si supera con facilità, soprattutto d’inverno. Di chi è la colpa? «Nelle città le emissioni di auto diesel causano il 22 per cento del particolato primario, cioè immesso così com’è direttamente nell’atmosfera — spiega Guido Lanzani, responsabile della qualità dell’aria di Arpa —, il 23 per cento è imputabile alla combustione della legna, il 21 alle frenate e all’usura degli pneumatici di auto, moto e camion». Allargando lo sguardo alla Lombardia, cambiano le responsabilità. Caminetti, forni e stufe diventano la prima causa e producono quasi la metà delle emissioni, seguiti dai veicoli alimentati a diesel e dal traffico in generale. «Ma il Pm10 può formarsi anche in aria — conl’interno tinua Lanzani — dalla reazione chimica di diverse sostanze». Ossidi di azoto, ammonica e composti organici volatili combinati sono pericolosi per la nostra salute. E di nuovo la caccia al colpevole serve a capire come limitare i danni. Per gli ossidi di azoto, oltre al trasporto su strada gli imputati solo le combustioni nelle industrie, i macchinari usati nelle fabbriche e il riscaldamento delle abitazioni e dei negozi. Per l’ammoniaca invece le responsabilità ricadono al 98 per cento sull’agricoltura e sull’allevamento.
L’elenco delle sostanze che ammorbano l’aria è lungo. Al- del particolato si annidano particelle più piccole, dette Pm 2,5, create da caminetti e stufe. Anche il benzoapirene fa parte delle polveri sottili ed è legato all’uso della legna per riscaldare le case. Neppure le valli si salvano da questa sostanza tossica. In base a uno studio Arpa del 2016, le concentrazioni più alte di benzoapirene si registrano in montagna e nelle aree suburbane (con picchi a Darfo, in Val Camonica e Meda). La somma delle emissioni si scontra con un altro elemento sfavorevole per la qualità dell’aria: la conformazione della Pianura padana, una sorta di scatola chiusa su tre lati, rende difficile la dispersione degli inquinanti. Così nel Nord Italia, si toccano concentrazioni di smog tra le più alte d’Europa (Milano è seconda solo a Torino, ndr). I valori di particolato del capoluogo lombardo sono peggiori della ben più grande Londra, dove però la velocità media del vento è tre volte superiore. Ci sono anche dei nemici vinti. «La presenza di arsenico, nichel, piombo non è più un problema. Inquinanti ormai rientrati nelle soglie di guardia» spiega Lanzani. Per le altre sostanze, le battaglia è ancora da vincere.