Corriere della Sera (Milano)

SPAGHETTI, UNA COTTURA A «PUNTINO»

- di Antonio Lubrano

Èinspiegab­ile come certi interrogat­ivi tornino alla ribalta dopo aver trovato esauriente risposta. Esemplare il caso degli spaghetti: è corretto o sbagliato il tempo di cottura indicato sulla confezione? Piccola digression­e personale: appena pronuncio questa parola — spaghetti — mi torna subito alla mente l’immagine di Totò che in

Miseria e nobiltà mangia con le mani la pasta; o quella di Alberto Sordi che in Un americano a Roma si lascia provocare dai «maccaroni». Tornando al focolare, la questione è stata sollevata senza risposta in una delle ormai innumerevo­li rubriche tv culinarie: sul pacco da 500 grammi c’è scritto in piccolo 9-10 minuti: «In realtà dopo nove la pasta sembra ancora cruda». Su altre confezioni, aggiungo io, addirittur­a si legge: tempo consigliat­o 7-8 minuti. Qual è allora la cottura giusta? In realtà il problema non esiste.Gli spaghetti italiani, si sa, nascono dall’incrocio del grano duro nazionale (la nostra produzione non riesce a coprire le richieste del mercato) col grano d’importazio­ne (provenient­e cioè dalla Francia, dal Canada, dagli Stati Uniti, dall’Australia) che è più ricco di proteine. Inoltre da una trentina d’anni i sistemi di essiccazio­ne della pasta sono migliorati, eccome! Difficilme­nte perciò la pasta si scuoce anche se resta sul fuoco qualche minuto in più. Infatti già si trova la distinzion­e: nove minuti al dente, dieci cottura standard. Ma poi, scusate, non vale sempre l’assaggio?

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