Vittoria e riscatto per il Gratosoglio «Ma ora la svolta»
Sala invita Mahmood: un concerto nella zona
Un concerto al Gratosoglio. Con il vincitore del Festival di Sanremo. Il sindaco Beppe Sala invita Mahmood, — madre sarda e padre egiziano, cresciuto al Gratosoglio, una delle periferie difficili di Milano — a Palazzo Marino e dice: «È un modello di integrazione». Una speranza per un quartiere dove proprio i giovani sono l’anello più fragile tra disagio sociale, dispersione scolastica, droghe. «Povertà sovrapposte, servono progetti a lungo termine».
L’invito a Palazzo Marino, ma soprattutto la richiesta di organizzare insieme un concerto al Gratosoglio. Il sindaco Beppe Sala fa gli auguri a Mahmood, fresco vincitore del Festival di Sanremo. «Con te ha vinto Gratosoglio, Milano e l’Italia — scrive il sindaco su Twitter — Ti aspetto a Palazzo Marino per congratularmi di persona». Agli occhi di Sala, Mahmood, madre sarda e padre egiziano, cresciuto al Gratosoglio, una delle periferie difficili di Milano, è un modello di integrazione da portare come esempio e da coinvolgere direttamente. «La vittoria di Mahmood a Sanremo è un buon segno — continua il sindaco — In questo momento la musica a Milano funziona molto bene. Sarò molto contento se verrà a Palazzo Marino ma lo sarò ancor di più se riusciremo a fare una evento per i ragazzi milanesi. Gli proporrò di darci una mano per realizzare un evento ad hoc al Gratosoglio». Il quartiere — Sud-Ovest di Milano, quasi al confine con il Comune di Rozzano — è uno dei bersagli del piano periferie voluto dal sindaco Sala. Tra gli interventi in cantiere ci sono i lavori per il centro sportivo Carraro, la nuova illuminazione e altre telecamere. Le criticità riguardano l’asse di via Gratosoglio, lo Stadera-Spaventa fino al confine con la ferrovia e l’area di viale Ortles.
Sicuramente il vincitore — all’anagrafe Alessandro Mahmoud, classe 1992 — evita assolutamente di entrare in un terreno che assomiglia molto a un campo minato, soprattutto dopo le parole del vicepremier, Matteo Salvini che avrebbe gradito un altro vincitore. «Mah — ha scritto il leader della Lega su Twitter — io avrei scelto Ultimo, voi che dite?». La replica di Mahmood arriva poco dopo sui social: «Io sono cento per cento italiano, mia madre è sarda e mio padre egiziano, ma io sono nato e cresciuto in Italia». È la storia comune a tanti italiani di seconda generazione. Lo dice senza mezzi termini e con una certa durezza l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino, in risposta ai tanti fan del ministro dell’Interno: «Un ragazzo italiano, ragazzi. Italiano. L’Italia non è solo la vostra, non è solo quella che stabilite voi. Mettetevi il cuore in pace». Concetto non dissimile da quello espresso dalla consigliera figlia di immigrati giordano-palestinesi, Sumaya Abdel Qader, che prima stempera la tensione con un consiglio linguistico: «Comunque allenatevi n’attimino a dire MaHmood. Che sennò suona mammut. Foneticamente corrisponde alla fricativa faringale sorda». Poi, aggiunge: «Ah, Mahmood è milanese, di Gratosoglio. Come Ghali è milanese, di Baggio. Milano produce artisti che nascono nelle periferie e hanno molto da dire a tutto il Paese». Salvo poi fare ammenda per una dimenticanza: «Aspettate, c’è anche #MalikaAyane, altra artista di successo. Ovviamente milanese. Tiè».