Il rapinatore? Uno scafista della morte
Fermato in Centrale. Guidò un gommone con cadaveri a bordo
Le ha intimato di consegnarli la borsa, brandendo una bottiglia rotta. Il 27enne gambiano Ousman Dampha nella notte di lunedì ha rapinato una donna cingalese in via Venini. Le forze dell’ordine lo hanno preso in Centrale. Dampha è arrivato in Italia nel 2016 come scafista della morte. Sul suo gommone 190 persone e tre morti.
Tre alias, caratterizzati da differenze nel nome e nel cognome quasi impercettibili, questione di cambi di consonanti. Ma indipendentemente dalla sua precisa identità, il 27enne gambiano Ousman Dampha è uno che qui non doveva mai starci, men che meno nella notte tra lunedì e martedì quando in via Venini ha minacciato una donna cingalese brandendo una bottiglia di vetro rotta («Dammi la borsa o t’ammazzo»). La donna camminava verso la fermata dell’autobus all’altezza della stazione del metrò Caiazzo. Ha consegnato la borsa, nel timore di venire colpita, e quando il gambiano è scappato, lei ha chiamato le forze dell’ordine, che hanno faticato non poco a braccare il balordo e che hanno scoperto chi davvero sia Ousman Dampha. Uno scafista della morte, che nell’ottobre del 2016 aveva guidato nel Mediterraneo un gommone approdato in Sicilia con a bordo 190 persone 3 cadaveri. Erano tutte donne. Decedute, secondo l’esame del medico legale, a causa del sovraffollamento sull’imbarcazione.
Il gambiano era rimasto in Italia e aveva iniziato a vagare. L’avevano indagato per furto in una casa, arrestato per spaccio di droga e di nuovo indagato per evasione dai domiciliari, «stabiliti» nel centro di accoglienza di Mineo. Aveva trascorso dei mesi in galera e, all’uscita di prigione, secondo il decreto di espulsione firmato dal prefetto di Catania, Dampha avrebbe dovuto lasciare l’Italia. Ovviamente non l’aveva fatto. E aveva deciso di abbandonare la Sicilia e trasferirsi a Milano. Nello specifico, intorno alla stazione Centrale.
Nonostante gli sforzi e i risultati che comunque ci sono stati anche se come al solito demandati a poliziotti e carabinieri, le piazze intorno allo scalo ferroviario rimangono un punto di riferimento per sbandati, perditempo, spacciatori, ricettatori e via elencando. E se non ci fosse stato il pronto intervento delle volanti «Adriatica bis» e «Vitruvio», entrambe del terzo turno, Dampha sarebbe ancora tranquillamente in circolazione, a cercare prede nella circoscritta zona che dalla stessa stazione porta all’asse di Benedetto Marcello. La vittima è stata lucidissima nel fornire una descrizione «aderente», parlando di un uomo sul metro e ottanta, di età compresa tra i 25 e i 30 anni d’età, con capelli corti e neri, un lungo giubbotto marrone, pantaloni grigi e scarpe nere.
Acquisite le informazioni, gli agenti hanno avviato la ricerca. Il gambiano è stato agganciato in via Soperga, ma alla vista delle pattuglie s’è messo a correre, cambiando direzione e infine puntando piazza Luigi di Savoia, dove è stato bloccato e, ancorché tenace nel resistere — ha cercato di mordere i poliziotti, s’è affidato a calci e pugni per riguadagnare la fuga —, è stato ammanettato. I minuziosi approfondimenti condotti dal commissariato Greco-Turro diretto da Angelo De Simone, hanno permesso di ricostruire la storia di Dampha, il quale ha mantenuto a lungo un atteggiamento di sfida e disprezzo, forse perché convinto, anche stavolta, di uscirsene pulito.
Nelle fasi della colluttazione con gli agenti, il gambiano ha lasciato cadere dalle mani quattro anelli e un orecchino, provento di un’altra rapina; nella tasca destra dei pantaloni aveva i soldi contenuti nella borsa della donna cingalese, che alle quattro e mezza della notte tra lunedì e martedì stava andando al lavoro.