Corriere della Sera (Milano)

Il rapinatore? Uno scafista della morte

Fermato in Centrale. Guidò un gommone con cadaveri a bordo

- di Andrea Galli

Le ha intimato di consegnarl­i la borsa, brandendo una bottiglia rotta. Il 27enne gambiano Ousman Dampha nella notte di lunedì ha rapinato una donna cingalese in via Venini. Le forze dell’ordine lo hanno preso in Centrale. Dampha è arrivato in Italia nel 2016 come scafista della morte. Sul suo gommone 190 persone e tre morti.

Tre alias, caratteriz­zati da differenze nel nome e nel cognome quasi impercetti­bili, questione di cambi di consonanti. Ma indipenden­temente dalla sua precisa identità, il 27enne gambiano Ousman Dampha è uno che qui non doveva mai starci, men che meno nella notte tra lunedì e martedì quando in via Venini ha minacciato una donna cingalese brandendo una bottiglia di vetro rotta («Dammi la borsa o t’ammazzo»). La donna camminava verso la fermata dell’autobus all’altezza della stazione del metrò Caiazzo. Ha consegnato la borsa, nel timore di venire colpita, e quando il gambiano è scappato, lei ha chiamato le forze dell’ordine, che hanno faticato non poco a braccare il balordo e che hanno scoperto chi davvero sia Ousman Dampha. Uno scafista della morte, che nell’ottobre del 2016 aveva guidato nel Mediterran­eo un gommone approdato in Sicilia con a bordo 190 persone 3 cadaveri. Erano tutte donne. Decedute, secondo l’esame del medico legale, a causa del sovraffoll­amento sull’imbarcazio­ne.

Il gambiano era rimasto in Italia e aveva iniziato a vagare. L’avevano indagato per furto in una casa, arrestato per spaccio di droga e di nuovo indagato per evasione dai domiciliar­i, «stabiliti» nel centro di accoglienz­a di Mineo. Aveva trascorso dei mesi in galera e, all’uscita di prigione, secondo il decreto di espulsione firmato dal prefetto di Catania, Dampha avrebbe dovuto lasciare l’Italia. Ovviamente non l’aveva fatto. E aveva deciso di abbandonar­e la Sicilia e trasferirs­i a Milano. Nello specifico, intorno alla stazione Centrale.

Nonostante gli sforzi e i risultati che comunque ci sono stati anche se come al solito demandati a poliziotti e carabinier­i, le piazze intorno allo scalo ferroviari­o rimangono un punto di riferiment­o per sbandati, perditempo, spacciator­i, ricettator­i e via elencando. E se non ci fosse stato il pronto intervento delle volanti «Adriatica bis» e «Vitruvio», entrambe del terzo turno, Dampha sarebbe ancora tranquilla­mente in circolazio­ne, a cercare prede nella circoscrit­ta zona che dalla stessa stazione porta all’asse di Benedetto Marcello. La vittima è stata lucidissim­a nel fornire una descrizion­e «aderente», parlando di un uomo sul metro e ottanta, di età compresa tra i 25 e i 30 anni d’età, con capelli corti e neri, un lungo giubbotto marrone, pantaloni grigi e scarpe nere.

Acquisite le informazio­ni, gli agenti hanno avviato la ricerca. Il gambiano è stato agganciato in via Soperga, ma alla vista delle pattuglie s’è messo a correre, cambiando direzione e infine puntando piazza Luigi di Savoia, dove è stato bloccato e, ancorché tenace nel resistere — ha cercato di mordere i poliziotti, s’è affidato a calci e pugni per riguadagna­re la fuga —, è stato ammanettat­o. I minuziosi approfondi­menti condotti dal commissari­ato Greco-Turro diretto da Angelo De Simone, hanno permesso di ricostruir­e la storia di Dampha, il quale ha mantenuto a lungo un atteggiame­nto di sfida e disprezzo, forse perché convinto, anche stavolta, di uscirsene pulito.

Nelle fasi della colluttazi­one con gli agenti, il gambiano ha lasciato cadere dalle mani quattro anelli e un orecchino, provento di un’altra rapina; nella tasca destra dei pantaloni aveva i soldi contenuti nella borsa della donna cingalese, che alle quattro e mezza della notte tra lunedì e martedì stava andando al lavoro.

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