«Mehmed, una famiglia fantasma»
A gennaio un controllo (inutile) anche in via Ricciarelli. Illegalità e bambini usati come scudi Aler: ispezioni a vuoto nei fortini. «Blitz quotidiani antiabusivi, ma mancano case alternative»
Abusivismo, occupazioni e illegalità sono le radici dei problemi nei caseggiati popolari. Dal 2017 a oggi nel quasi 40 mila alloggi Aler si contano 2.007 operazioni per impedire nuove occupazioni, con percentuali di successo in crescita. Ma mancano spazi per alloggiare le famiglie sgomberate. E la rete dell’abusivismo consolida le sue autodifese. In gennaio il controllo in via Ricciarelli, «ma non risultava quella famiglia».
Occupazioni. Abusivismo. I illegalità. Le radici della fragilità dei caseggiati popolari sono chiare da tempo. Ma se in una di quelle enclave svincolate dalle leggi si creano le condizioni perché una violenza cieca e insensata possa provocare la morte di un bimbo di due anni, allora cambia tutto. La frustata del dolore collettivo non può non riportare, subito, quelle parole in cima alla lista delle priorità cittadine. E diventa impossibile ignorare che dietro ai numeri possano nascondersi altre tragedie, magari silenziose.
Per disinnescare la pericolosa miscela umana che germina in quei quartieri — concordano ormai tutte le istituzioni — è indispensabile un recupero del controllo del territorio, cioè un ripristino della legalità dell’abitare. Bisogna portare fuori gli abusivi e restituire gli alloggi a chi ne ha diritto. Questa è la logica alla base degli sgomberi. Dal 2017 a oggi, cioè da quando alla presidenza dell’Aler di Milano c'è il leghista dialogante Angelo Sala, nel perimetro dei quasi 40 mila alloggi popolari dell’azienda regionale sono scattati 2.007 interventi per impedire nuove occupazioni. Portati a termine in percentuali crescenti percentuali di successo: dal 65 per cento del 2017 all’81 per cento dell’anno in corso. Si tratta di un dato importante, perché rappresenta l’argine all’allargamento delle macchie di illegalità. Complessivamente calano gli insuccessi, crescono i blitz programmati di concerto con la questura e si riduce lentamente il saldo complessivo delle occupazioni: erano 3.466 due anni fa, se ne contavano 3.251 al 30 aprile scorso. Ma ne restano comunque tante, troppe, nelle mani di racket, disperati o furbetti. Gli ispettori dell’Aler segnalano, per esempio, una dozzina di casi in cui gli abusivi risultano proprietari di altri appartamenti, dati in affitto per coprire i costi del mutuo. E nei report statistici si leggono annotazioni che segnalano le difficoltà a intervenire in quartieri come via Gola, San Siro, Mazzini, Lorenteggio, Genova e Barona «a causa dell’attività dei centri sociali» che ostacolano gli sgomberi.
Ma la rete dell’abusivismo ha consolidato nel tempo le sue autodifese. Se non succede di peggio, quando intervengono per i loro controlli,
Il presidente Sala Non sappiamo dove mandare le famiglie che risultano indigenti
gli ispettori Aler non riescono ad andare oltre qualche carta d’identità fatta passare sotto la porta. Impossibile verificare se quel documento dice la verità. E poi ci sono bambini e donne in gravidanza a fare da scudi umani. È successo anche nella casa di via Ricciarelli, il 28 gennaio scorso. «Noi possiamo mandare una raccomandata di diffida e dopo 20 giorni senza risposta segnaliamo la situazione alla questura — spiega il presidente Sala — non abbiamo altro potere». Tempi lunghi, insomma, quando proprio la velocità è un’arma fondamentale. E intanto in quei cortili gli abusivi dettano legge: sabotano ascensori (se ci sono), smontano o costruiscono barriere per i propri scopi, si organizzano per mettere le mani su altri alloggi. Non serve lo scasso, basta pagare.
Ai tavoli istituzionali si parla di sgomberi di quartiere, abbattimento delle scale nei palazzi bonificati e in attesa di lavori, ma su tutto grava un limite paradossale: la scarsità di spazi per sistemare provvisoriamente le famiglie sgomberate. «Su questo manca qualsiasi programmazione — si lamenta Angelo Sala — e così si rimane bloccati perché non sappiamo dove mandare una ventina di famiglie che risultano indigenti». Una replica arriva dal sindaco: «Non posso che dire che nelle case di edilizia pubblica oggettivamente il problema delle residenze Aler della Regione è più grave che nelle nostre — dice Giuseppe Sala —. L’altro giorno il presidente Fontana e il ministro Toninelli hanno detto che ci sono fondi per investire significativamente sull’edilizia pubblica: facciamolo. Senza polemica, ma facciamolo».