Gare truccate e messaggi impazziti La gaffe dell’impiegato dei corrotti
Doveva pilotare le gare Amsa, ha scritto all’intero indirizzario
Che vita agra truccare gare d’appalto all’Amsa, l’ex municipalizzata dei rifiuti controllata da A2A: talmente agra che Matteo Di Pierro, dipendente della Ecol Service dell’imprenditore Daniele D’Alfonso, e da lui incaricato proprio di questa spicciola operatività pratica illecita, racconta ai magistrati (che il 7 maggio arrestarono entrambi nell’indagine «mensa dei poveri») d’aver un giorno commesso un «errore» davvero buffo.
Siccome «D’Alfonso, attraverso rapporti privilegiati con Mauro De Cillis e Sergio Salerno (manager Amsa pure indagati, ndr), riusciva a ottenere in via privilegiata notizie in merito alle gare che dovevano essere indette, e poi a turbarle», la turbativa «avveniva o comunicandoci prima i requisiti del futuro bando, in modo tale che al momento dell’indizione della gara fossimo in possesso di tutti i requisiti, oppure fornendo, noi come Ecol Service, i nominativi delle ditte compiacenti individuate da D’Alfonso, alle quali Amsa avrebbe dovuto mandare gli inviti in caso di procedure negoziate». Solo che, in una di queste occasioni, «per sbaglio girai a tutto l’indirizzario di Amsa la mail con cui una società mi aveva fatto il prezzo dei costi di smaltimento» di rifiuti per una gara che neppure era stata ancora bandìta da Amsa. E al pm che domanda se qualcuno dei destinatari sbagliati gliene chiese conto, risponde: «Assolutamente no». Eppure «io in quel momento non avrei potuto mandare alcuna documentazione ad Amsa, la gara non era stata bandìta e quindi non c’era ancora il numero Cig che doveva invece essere indicato su tutta la documentazione acclusa alla domanda di partecipazione».
Stralci dei tre interrogatori di Di Pierro (valsigli il passaggio dal carcere agli arresti domiciliari su istanza del difensore Paolo Grasso) sono stati depositati ieri al Tribunale del Riesame nella discussione del ricorso proposto dai difensori Nadia Alecci e Luigi Giuliano contro l’arresto di Pietro Tatarella, l’eurocandidato forzista alle elezioni di dopodomani, accusato di associazione a delinquere, corruzione e finanziamento illecito. Di Pierro racconta che nel 2012 aveva cercato di mettersi in proprio, lasciando l’azienda per prendere in affitto la gestione del bar davanti al carcere di San Vittore: esperienza conclusa nel 2015, quando era rientrato nella Ecol Service, al cui timone intanto a D’Alfonso senior era subentrato il figlio Daniele, e dove Di Pierro dice di aver trovato Tatarella nella veste di procacciatore d’affari e di contatti con i politici.
Tra le tante altre cose di cui Di Pierro parla, c’è anche «una gara bandita da Atm per la bonifica del deposito di viale Sarca 15 a Milano, appalto aggiudicato a settembre 2018 ma non ancora partito». E indica pure il modo con il quale D’Alfonso si sarebbe approvvigionato dei contanti che gli servivano: con «un drenaggio quasi giornaliero di denaro attraverso distributori di benzina» a Trezzano sul Naviglio di un imprenditore, «in cambio agevolato da D’Alfonso ad emettere fatture false. D’Alfonso diceva che aveva bisogno di denaro contante, e che questo era il modo migliore di raccoglierlo».