Call center antidroga per le madri coraggio
Un aiuto ai genitori che cercano i figli
Un numero verde attivo 24 ore su 24 per le famiglie che hanno «perso» i figli nel bosco della droga di Rogoredo. Sarà attivato la prossima settimana: «Daremo appoggio umano immediato e consigli pratici», spiegano dal servizio SerD Smi. Si moltiplicano i casi di madri coraggio che entrano nel bosco alla ricerca dei loro ragazzi: nei giorni scorsi una studentessa di 16 anni aveva fatto perdere le sue tracce, prima di rientrare a casa. Intanto, la donna ucraina che ha partorito nella cascina è tornata a Rogoredo in cerca di una dose.
Mercoledì sera. Mezzanotte. Buio. Freddo. Ha appena piovuto. La stazione di Rogoredo è deserta. Avanzano due signori, ben vestiti. Camminano vicini, non sanno dove andare, prendono via Sant’Arialdo. «Dov’è questo boschetto, dov’è...». Corrono qualche pericolo, lo sanno. Ma continuano a camminare. Sono un papà e una mamma che cercano la figlia: giovane, non ha compiuto 16 anni, è sprofondata da qualche mese, trascinata dall’eroina.
Nel tragitto quei due genitori incrociano ragazzi con lo sguardo liquido che hanno acquistato una dose, l’hanno consumata e tornano indietro. Madre e padre pensano di essere soli, ma qualche ora prima un altro padre era lì, e andando indietro di un giorno, un’altra madre, con un lavoro di responsabilità e casa in zona di Brera, ha fatto il loro stesso percorso.
La figlia della coppia fino a gennaio andava a scuola, un istituto tecnico. Ha iniziato a fumare eroina meno di un anno fa, i buchi solo da qualche mese. È seguita al SerD ed è stata collocata in comunità appena si è liberato un posto. Era l’unica così giovane. È scappata. I genitori l’hanno cercata per due giorni al «boschetto»: con il terrore di trovarla, tra gli alberi e gli spacciatori, mescolato alla speranza di riuscire a portarsela via. Non l’hanno vista. Non s’è fatta trovare. Ieri però è andata a casa lei: tornava da Rogoredo.
E un paio di sere fa, sempre nel «boschetto», vagava di nuovo la ragazza ucraina, 28 anni, che aveva partorito domenica notte nella cascina di Rogoredo: è andata via dalla clinica Mangiagalli, dove era ricoverata con il bambino, che appena nato è andato in crisi di assistenza perché in gravidanza, col nutrimento, aveva
assunto anche la dipendenza dall’eroina. Dice un operatore di esperienza, Simone Feder, della comunità Casa del Giovane, che anche mercoledì sera era lì, come volontario, insieme ai ragazzi del Cisom, l’Ordine di Malta: «Il percorso di cura dalla dipendenza rischia di interrompersi continuamente, costellato da fallimenti e abbandoni. Bisogna dare ai ragazzi una ragione per cui vivere. Intanto i genitori vengono a Rogoredo senza avere la più pallida idea di come funziona. Manca un luogo caldo di attenzione per loro, dove li si possa ascoltare, accogliere e indirizzare nei momenti di crisi e quando i figli scompaiono. Adesso hanno rimesso il presidio di polizia dentro la stazione, la Polfer, ma non basta. È l’accoglienza umana che deve essere strutturata». Madri e padri hanno bisogno di aiuto tempestivo, proprio come i loro figli: «Dalla prossima settimana istituiremo un numero verde per loro. Sarà attivo 24 ore su 24, daremo appoggio umano immediato e consigli pratici», annuncia Pietro Farneti, del SerD Smi. Potrebbe essere un importante aiuto per tutti i genitori che hanno scritto, pregando di essere messi in contatto tra loro. Per provare a fare rete, conoscersi, aiutarsi.
A gennaio era stato un papà a rompere il silenzio: «Mio figlio mi è apparso davanti mentre tornavo verso la stazione di Rogoredo. Vomitava, aveva le convulsioni, in piena astinenza. Gli ho chiesto quanto ci voleva per farlo stare bene tutto il giorno — aveva raccontato al Corriere —. Mi ha risposto: 20 euro. Con un dolore infinito glieli ho dati». Un altro papà ha affrontato con la moglie, in un anno, venti ricoveri del figlio che ancora oggi finisce in craving, dipendente da eroina, crack e antidolorifici. «Siamo arrivati a denunciarlo alla Polizia: il provvedimento penale è l’unico modo per far tenere in comunità questi ragazzi».
Lo Smi è in prima linea insieme a nove onlus, Prefettura, Comune, Ats e Municipio: a febbraio, tutti insieme, avevano attivato una task force con gruppi che entravano dentro al «boschetto» per agganciare i ragazzi e con letti di emergenza per chi dichiarava di volersi disintossicare e curare subito. I finanziamenti dell’Ats e della Regione (107 mila euro in quattro mesi) finora sono andati a Croce Rossa,
L’operatore Manca un luogo dove si possa ascoltare, accogliere e indirizzare i genitori nei momenti di crisi acuta, quando i ragazzi scompaiono
Il supporto Siamo arrivati a denunciare nostro figlio alla polizia: il provvedimento penale è l’unico modo per far tenere in comunità questi ragazzi
La disperazione Mamma e papà hanno cercato la ragazza tra gli spacciatori Poi è tornata a casa lei
Comunità Nuova e Lotta contro l’emarginazione, realtà che si occupano per lo più di riduzione del danno (distribuzione siringhe e kit sanitari). Gli altri interventi, più sociali, ancora aspettano supporto, per diventare sostenibili nel lungo periodo. Le missioni delle équipe, per dirne una, al momento si sono interrotte.
La figlia di un’altra mamma che era entrata nel «boschetto» è stata appena agganciata in un modo mai sperimentato prima: l’ha avvicinata, direttamente in stazione, Elisa, una ragazzina che dalla dipendenza e da Rogoredo è a sua volta uscita da poco. Al Corriere aveva raccontato la prima dose, a 15 anni («Quella notte, in motel col mio ragazzo, mi sono fatta decine di buchi nelle braccia»). Da qualche giorno si vedono loro due, con l’operatore che le segue. Parlano molto, mentre i genitori vivono la loro sofferenza parallela. Quella dell’attesa. La speranza della salvezza.