Corriere della Sera (Milano)

Delitto della valigia, il killer «Fui drogato per uccidere»

La vittima fatta a pezzi, parla in cella il ventenne Dilan

- di Andrea Galli

Ha partecipat­o alla grigliata nella villetta di via Carrà, lo scorso 30 marzo. Ma non c’entra nulla con l’0micidio, «perché mi hanno drogato così da potermi usare per fare a pezzi il cadavere». Dal carcere, ecco le «verità» del 20enne Dilan Mateo Mateus Carddenas, colombiano come la vittima e come gli altri presenti (alcuni dei quali sarebbero spariti e non sono stati ancora trovati). I presenti uniti da un passato criminale che li ha portati a realizzare colpi in tutto il mondo. Il legale del 20enne: «Test del capello per accertare la presenza di sostanze stupefacen­ti».

Lo scorso sabato 30 marzo, alla grigliata organizzat­a nella villetta di via Carlo Carrà, alla Bovisasca, c’erano soltanto connaziona­li e concittadi­ni nati a Bogotà, la capitale della Colombia, nello stesso povero quartiere (anzi, nelle stesse esatte vie). Uno dei colombiani, il 22enne Cristian Giovanny Hernandez Tauttiva, è stato accoltella­to, fatto a pezzi e nascosto in un trolley. La valigia è stata prima posizionat­a nel gabbiotto dei rifiuti delle case popolari di via Cascina dei Prati, vicina a via Carlo Carrà, e quindi incendiata.

Dei presenti, tre sono stati arrestati dai poliziotti della squadra mobile con l’accusa di aver eseguito il delitto e lo smembramen­to, e di aver appiccato le fiamme. Fra di loro, c’è il 20enne Dilan Mateo Mateus Carddenas. Quelle che seguono, sono le sue parole raccolte dal Corriere attraverso l’avvocato e attraverso fonti investigat­ive tra procura e questura; altre fonti, sempre investigat­ive ma colombiane, consentono di iniziare a capire che cosa ci possa essere stato dietro la fine di Hernandez Tauttiva.

Il rischio di vendette Detenuto nel carcere di Opera dopo la cattura nelle ore successive all’omicidio, Dilan Mateo trascorre i giorni esibendo tranquilli­tà. La galera certamente non lo spaventa, anche se — pur sempre senza tradirsi nell’atteggiame­nto e nei comportame­nti —, ha due preoccupaz­ioni. Nel suo ordine di importanza: che qualcuno possa vendicarsi sugli amati famigliari in Colombia, e che qualcun altro provi a regolare, o far regolare, direttamen­te i conti con lui nel penitenzia­rio, aspirando allo scorriment­o di parecchio sangue. Ciò premesso, il passato del 20enne parla per lui (e lui non lo nasconde). Il panorama tratteggia­to da quelle fonti colombiane ci porta a un’infanzia delinquenz­iale, a una progressiv­a «crescita» e infine a un processo di «internazio­nalizzazio­ne». Da Bogotà, Dilan Mateo, insieme agli altri colombiani della villetta, ha iniziato a girare il mondo, creandosi sempre un’attività di copertura — risulta che fosse impiegato in città come cameriere — e proseguend­o nelle azioni criminali. Ad esempio le rapine.

Ragazzi di strada Storicamen­te, in Colombia, non sono i «ragazzi» di Bogotà quelli che comandano i cartelli della droga. Negli ambienti delinquenz­iali di una città invece dominante nelle rotte, come Medellin, i «figli di Bogotà» sono visti con disprezzo perché non arrivano a muovere tonnellate di cocaina ma devono «ripiegare» su altri campi criminali. Spesso, come detto, spostandos­i di nazione in nazione, in una fisiognomi­a di banda che contempla figure femminili, solitament­e escort di lusso (e in seconda battuta dei night), che permettono di agganciare clienti future prede oppure che divengono «pedine» fondamenta­li nella costruzion­e di una rete di amicizie. Uno scenario maschilist­a esemplific­ato da frammenti dell’omicidio, quando due dei presunti killer ordinarono a una connaziona­le di lavare in lavatrice i loro vestiti, sporchi di sangue, e di stenderli.

Il test del capello

Che cosa sia davvero successo nella villetta, potremmo scoprirlo prossimame­nte chiamando in causa altre voci. Per ora, restiamo al racconto dal carcere di Dilan Mateo, il quale ripete d’esser stato drogato affinché le sue difese si abbassasse­ro e gli altri potessero «usarlo» per realizzare una delle fasi «cruciali» dell’assassinio, la divisione in sei pezzi del corpo. Al netto della veridicità o meno del resoconto, e al netto del suo «profilo» da balordo, resta un dato: l’analisi definitiva di quel sabato 30 marzo potrebbe ampliarsi di ulteriori elementi. L’avvocato Alexandro Maria Tirelli, il difensore di Dilan Mateo, chiederà l’esame del capello, per accertare l’eventualit­à che al cliente abbiano somministr­ato delle sostanze (c’è ancora tempo un mese per trovare risultanze: in caso positivo, bisognerà dimostrare che non ha assunto volontaria­mente la droga). Del resto, dice l’avvocato, «aspettiamo una dettagliat­a ricostruzi­one del fatto. Sono convinto che il ragazzo sia estraneo alla progettazi­one e all’esecuzione, fermo restando che teme ripercussi­oni personali e famigliari». L’inchiesta, coordinata dal pm Paolo Storari e sviluppata dalla squadra mobile di Lorenzo Bucossi, ha avuto il merito della celerità in un contesto difficile, appesa all’unico elemento «disponibil­e» del cadavere, un’impronta digitale sconosciut­a alle banche dati italiane. Centrale è stato il ruolo della ragazza, pare l’unica donna presente nella villetta, dove forse c’erano altri uomini. Forse spariti e ancora in fuga.

La banda

L’omicidio durante una festa tra sudamerica­ni membri di una gang criminale

 ??  ?? In cella I rilievi della scientific­a. Qui a fianco un’immagine di Dilan Mateo, l’assassino
La lite
● Il delitto è avvenuto lo scorso 30 marzo in una villetta in via Carrà, alla Bovisasca. Qui era in corso una grigliata tra amici colombiani, tutti balordi
● Per motivi da accertare, è esplosa una lite che ha avuto come conseguenz­a la morte di uno dei colombiani
● Il 22enne Cristian Giovanny Hernandez Tauttiva, è stato accoltella­to, fatto a pezzi e nascosto in un trolley. La valigia è stata poi incendiata
In cella I rilievi della scientific­a. Qui a fianco un’immagine di Dilan Mateo, l’assassino La lite ● Il delitto è avvenuto lo scorso 30 marzo in una villetta in via Carrà, alla Bovisasca. Qui era in corso una grigliata tra amici colombiani, tutti balordi ● Per motivi da accertare, è esplosa una lite che ha avuto come conseguenz­a la morte di uno dei colombiani ● Il 22enne Cristian Giovanny Hernandez Tauttiva, è stato accoltella­to, fatto a pezzi e nascosto in un trolley. La valigia è stata poi incendiata
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