LO «SCERIFFO» DE CORATO E L’ARENA (PREFERITA) PERDUTA
Quando l’ultima inchiesta tangenti è deflagrata in Lombardia, Riccardo De Corato, assessore alla Sicurezza di Fratelli d’Italia della stessa Regione Lombardia, dichiarava sulla necessità di usare i droni per controllare dall’alto lo spaccio di droga e i campi rom. Quando l’inchiesta è proseguita — con arresti che hanno riguardato, dopo parecchio tempo, il consiglio comunale e quello regionale — De Corato invocava mano dura con i nordafricani dopo una rissa a Porta Genova oppure ai tempi di Tangentopoli — quando era un fan sfegatato di Antonio di Pietro — le inchieste attuali su corruzione e politica gli sembrino, alla fine, poca cosa. E c’è, infine, anche una possibile spiegazione di carattere umano: «La sua sofferenza — sorride chi lo conosce — è stare lontano dal contatto diretto con le cose e le persone». Nel 2016, in effetti, il colpo è stato duro: dopo 31 anni di Consiglio comunale — tanta opposizione, ma anche vicesindaco con Gabriele Albertini e Letizia Moratti — De Corato è fuori. Una disdetta per lui, proprio quando in città governa la sinistra, il bersaglio preferito. Non bastano le 2.300 preferenze, le antiche relazioni tra i pugliesi di Milano, la fama da «sceriffo» legge e ordine, anche perché, nel centrodestra, nuovi «sceriffi» avanzano e gli soffiano il primato.
Venire eletti in Regione, di solito, è una promozione. Per De Corato, no. Dal suo ufficio di assessore oggi ha occhi solo per Palazzo Marino, verga lunghi comunicati per attaccare il sindaco Giuseppe Sala e la giunta, descrive Milano come una specie di Gotham city (con immigrati e rom che spadroneggiano) chiede militari, sgomberi, e, appunto, droni, una passione. Tra le righe di accuse veementi, emerge una certa nostalgia: a lui, che è stato a lungo anche alla Camera e in Senato, in realtà manca l’arena del Comune e quei tempi in cui «abbiamo recintato tanti parchi di Milano». Leggi e commenta le rubriche del «Corriere» sul sito Internet