Corriere della Sera (Milano)

BARATTO, OUTLET E SCONTI

Come funziona la rete dei cambio merci Pubblicità pagata dai prodotti griffati venduti con forti ribassi per chi è tesserato «Giornali, radio, tv. Ma anche influencer»

- Di Giovanna Maria Fagnani

Ottenere una campagna pubblicita­ria su giornali, in radio o in tv, senza metter mano al portafogli­o. Ingaggiare un influencer, senza versargli un compenso. A volte, nel commercio, i soldi non servono. Basta il baratto. La più antica pratica commercial­e al mondo è proprio il pilastro su cui si fonda un fenomeno che, in Lombardia, vive una fase di espansione. È il «bartering pubblicita­rio», detto anche cambio merci. Il meccanismo è semplice: le agenzie di barter acquistano la pubblicità per le imprese clienti e poi non si fanno pagare in denaro, bensì con i loro prodotti. Merce di ogni tipo, di fascia medio-alta: abiti, vini, cosmetici, smartphone, fino ai servizi, come viaggi, visite specialist­iche e soggiorni. Che il barter rivende, con ribassi altissimi, in outlet «privati», riservati ai tesserati (di solito dipendenti di aziende convenzion­ate). Quali i vantaggi? «Quei beni potrebbero rimanere invenduti anche per molto tempo, quindi, con il baratto, si ha l’opportunit­à di convertire il valore di beni immobilizz­ati in pubblicità» spiega Massimo Giordani, presidente dell’Associazio­ne italiana sviluppo marketing.

Nato negli Usa negli anni ‘50, il bartering è arrivato negli anni ‘80. Ma quali caratteris­tiche deve avere per essere sostenibil­e? «Il valore che si decide di assegnare al bene oggetto del baratto deve essere coerente con i costi industrial­i e con le strategie. Un prezzo troppo basso avrebbe un effetto di riduzione del valore percepito» spiega Giorcento

dani. A chi conviene il cambio merci? «Se, in quel periodo, i magazzini sono saturi e non si prevede richiesta di prodotto a breve, allora è la soluzione perfetta. Viceversa, se l’azienda ha un processo produttivo ben sincronizz­ato con il mercato e si dispone di liquidità, potrebbe non essere vantaggios­o» conclude Giordani.

Barter non ci si improvvisa. «Ci vogliono disponibil­ità finanziari­e, perché l’agenzia paga subito la pubblicità, mentre il rientro con la vendita dei prodotti è a lungo termine» spiega Giovanni Fazio, ad di Karisma, gruppo a cui appartiene Publimetho­d, società di Vimodrone tra i leader del settore, grazie alla sua trentina di outlet (sotto l’insegna Promoclub), nel Nord Italia, a Bologna e a Roma. Oltre i dipendenti e una community di 140 mila persone. «Il cambio merci può essere di grande supporto per le aziende più piccole, consentend­o di accedere a forme di pubblicità sia tradiziona­le sia innovativa senza aggravio finanziari­o e di valorizzar­e le rimanenze di magazzino o programman­do la produzione. La distribuzi­one negli store permette anche ai clienti di sondare la percezione dei prodotti in aree geografich­e lontane. E offriamo molti altri servizi, come il profiling dei clienti che li comprano».

Nel 2011, a Milano, Deborah Casagrande e Stefano Frabasile hanno fondato Adv Deal, che oggi ha venti dipendenti e cinque outlet, gli Adv Store. «Ci sono due tendenze: le imprese vogliono pubblicità sul digitale e con gli influencer, ma va molto bene anche la radio, che però non è adatta per tutti i prodotti. La serietà di un agenzia sta nell’offrire la strategia di marketing su misura. Inoltre, è cambiata anche la mentalità di acquisto dei soci: lo shopping è più ragionato e mette al primo posto il prezzo. Noi cerchiamo di conciliare entrambe le cose, posizionan­doci su un mercato medio alto e cercando di essere più competitiv­i possibile, selezionan­do i prodotti con accuratezz­a».

Target

In commercio oggetti di fascia medio-alta Il fenomeno è nato negli Stati Uniti

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(foto Lapresse/Bozzo) Scelta Gli espositori dell’Adv di via Adda

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